Nel corso di un’intervista il Ministro Patrizio Bianchi ha quasi disegnato la nuova scuola, manifestando desideri e aspettative.
“Mi piacerebbe che nella nuova normalità i ragazzi di una scuola di Napoli possano condividere le loro attività con una scuola del Piemonte, oppure che le scuole di Napoli, di Milano o di Palermo, potessero condividere attività con una scuola di Dusseldorf, di Praga o di Bratislava”.
“Mi piacerebbe che i nuovi strumenti possano essere usati con la coscienza di avere nuovi strumenti, per cui io so scrivere – e saper scrivere è importante perché significa avere il controllo della parola – ma so usare anche un video, l’immagine, il suono, la musica“.
Vorrei una nuova normalità fatta di un Paese più conscio di quello che siamo, dei limiti ma anche delle capacità.
Vorrei una scuola che fosse più capace di sentirsi il centro della nostra comunità nazionale.
Vorrei una scuola in cui non soltanto la sicurezza dei corpi, ma delle persone fosse diffusa e condivisa”.
Vorrei una nuova normalità, che sia per tutti, in cui tutti i ragazzi del nostro Paese, in qualsiasi posto abbiano avuto le proprie origini, sentano di avere gli stessi diritti e sentando di diventare anche portatori degli stessi doveri.
I desideri e gli auspici del Ministro Bianchi corrispondono alle aspettative di tutti ricercando e ritrovando nel cambiamento una rinascita, una ripresa, un nuovo stile di azione didattica efficace ed efficiente. Una scuola aperta, che favorisca l’incontro con altre realtà, che stimoli scambi e gemellaggi culturali, che valorizzi le tecnologie informatiche per ridurre tempi e risorse.
Sarà una scuola “finestra aperta sul mondo” capace di rendere attivo l’imparare vedendo, facendo e operando. Una scuola capace di coniugare la cultura del dovere con quella dei diritti, rendendo ciascuno protagonista attivo e costruttore del personale progetto di vita.
Il cambiamento dovrebbe costituire una crescita di qualità nelle scelte metodologiche e nella verifica degli esiti di un apprendimento efficace che aiuti a crescere e diventare “grandi”.
A settembre, conclude il Ministro, si avrà “una normalità in presenza in cui però useremo tutti gli strumenti finora adoperati, perché non si butta via quello che abbiamo fatto”. Una presenza diversa dal passato, in cui finalmente potremo apprezzare di più la condivisione e la socialità”.
L’essere stati condizionati dal distanziamento fisico nel corso della pandemia consente oggi di meglio apprezzare il desiderio di stare con gli altri, di condividere e di cooperare nello stile di una socialità aperta, dinamica e costruttiva.