Il 1° ottobre 2017 la Generalitat de Catalunya ha indetto con una legge del parlamento della regione, un referendum con una semplice domanda: “Volete che la Catalogna sia uno stato indipendente in forma di repubblica?”. Ma il governo spagnolo considerata illegale la consultazione, l’ha contrastata in ogni modo, anche con l’intervento della polizia.
I fautori dell’indipendenza hanno sostenuto più volte che lo stato spagnolo “sfrutta” economicamente la Catalogna. Secondo i dati dell’Istituto Nacional de Estadística il Pil della Catalogna rappresenta il 18,77 per cento di quello nazionale, mentre la popolazione rappresenta il 15,98 per cento. Il contributo della Catalogna alle finanze dello Stato oscilla tra il 19 e il 19,5 per cento. Per la Costituzione della Spagna non è consentito votare sull’indipendenza di alcuna regione spagnola e la consultazione sarebbe stata quindi incostituzionale.
A seguito del ricorso del governo, il Tribunale costituzionale della Spagna ha sospeso cautelativamente, ed in seguito dichiarato nulla, la legge di indizione, ed ha ordinato il blocco di ogni attività relativa al referendum.
I primi giorni di giugno, Il parlamento europeo ha revocato l’immunità a tre eurodeputati catalani, Carles Puigdemont, Clara Ponsatí e Toni Comín, accusati in Spagna di sedizione per aver promosso nel 2017 un referendum sull’indipendenza della regione autonoma.
La decisione dell’assemblea di Strasburgo – assunta a scrutinio segreto e che accoglie le conclusioni della Commissione Giuridica – inquadra la questione catalana tra gli affari interni della Spagna, e getta le basi per un nuovo esame da parte delle autorità belghe delle richieste di estradizione presentate da Madrid. Le conclusioni del parlamento europeo arrivano nello stesso giorno in cui la giustizia spagnola ha revocato il regime di semilibertà a sette leader politici indipendentisti che erano stati condannati dopo il controverso tentativo di secessione della Catalogna.
Puigdemont, Comín e Ponsatí hanno commentato la decisione parlando di ostilità politica e annunciando un ricorso in appello davanti alla Corte di Giustizia europea. “Con questa decisione, ha detto l’ex presidente catalano, noi abbiamo perso l’immunità parlamentare, ma il parlamento e la democrazia europei hanno perso molto di più di questo”.
Nel frattempo, in Spagna, sembra che più del 60% degli intervistati dal quotidiano El Mundo, non vogliono la grazia per i separatisti.
Dichiarando che i separatisti non hanno mostrato alcun pentimento in relazione a quella che viene vissuta come una sommossa. In più, sempre secondo i detrattori del provvedimento, la grazia verrebbe concessa da Sánchez, in cambio di maggiore sostegno in parlamento.
L’ipotesi di concedere la grazia ai leader catalani separatisti incarcerati non piace in particolare alle forze di centro e destra, che hanno sfilato a Madrid insieme a migliaia di manifestanti. Per l’unità della nazione, dicono le persone scese in piazza. La mossa potrebbe rappresentare un azzardo politico per il premier socialista Pedro Sánchez.
Santiago Abascal, leader del partito nazionalista Vox, diventato la terza forza politica al Congresso spagnolo, chiude all’idea della scarcerazione: “Gli indulti sono, prima di tutto, un tradimento nei confronti di tutti i catalani che hanno subito il colpo di stato del 2017 e che sono stati abbandonati alla mercé del separatismo – dice Abascal – È anche un atto di tradimento verso tutto il popolo spagnolo che rispetta il diritto e la Costituzione”.
Vedremo gli sviluppi in questo periodo, e come gli abitanti della Catalonia reagiranno agli eventi.