CITTA’ DEL VATICANO, 29 giugno 2021 – Da cinquanta anni la Caritas Italiana ha inciso notevolmente nella società camminando accanto ai più poveri e segnando tappe importanti per il volontariato italiano.
Una esperienza che affonda le sue radici nel Concilio Vaticano II ma anche nella grande mente di Paolo VI che ha voluto realizzare una esperienza a sostegno degli ultimi.
Tante le iniziative negli anni che hanno cambiato anche la mentalità di operatori ecclesiali e semplici cittadini che hanno dato la loro disponibilità a lavorare nelle strutture periferiche della Chiesa. Si pensi alle tante mense per i poveri, agli aiuti alle famiglie, ai tanti obiettori di coscienza che hanno operato nel segno della non violenza accanto ai senzatetto, per il recupero dei tossicodipendenti, al servizio degli immigrati e tante altre esperienze di accoglienza e redenzione.
Nell’Aula Paolo VI, Papa Francesco ha voluto incontrare i vertici della Caritas Italiana per questi cinquanta anni, ringraziarli e tracciare con loro un cammino per i prossimi anni.
“La ricorrenza dei 50 anni è una tappa di cui ringraziare il Signore per il cammino fatto e per rinnovare, con il suo aiuto, lo slancio e gli impegni – ha esordito il Papa –. A questo proposito vorrei indicarvi tre vie, tre strade su cui proseguire il percorso”.
La via degli ultimi.
“È da loro che si parte, dai più fragili e indifesi. Da loro. Se non si parte da loro, non si capisce nulla… La carità è la misericordia che va in cerca dei più deboli, che si spinge fino alle frontiere più difficili per liberare le persone dalle schiavitù che le opprimono e renderle protagoniste della propria vita”.
Molte scelte significative sono stati fatti in questi anni e il Papa le ha ricordate: “dall’obiezione di coscienza al sostegno al volontariato; dall’impegno nella cooperazione con il Sud del pianeta agli interventi in occasione di emergenze in Italia e nel mondo; dall’approccio globale al complesso fenomeno delle migrazioni, con proposte innovative come i corridoi umanitari, all’attivazione di strumenti capaci di avvicinare la realtà, come i Centri di ascolto, gli Osservatori delle povertà e delle risorse”.
La via del Vangelo.
“È lo stile dell’amore umile, concreto ma non appariscente, che si propone ma non si impone. È lo stile dell’amore gratuito, che non cerca ricompense. È lo stile della disponibilità e del servizio, a imitazione di Gesù che si è fatto nostro servo. È lo stile descritto da San Paolo, quando dice che la carità «tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7). Mi colpisce la parola tutto. Tutto”.
E il Papa fa riferimento allo stile della Caritas con una carità dedicata allo sviluppo integrale della persona: una carità spirituale, materiale, intellettuale. È lo stile integrale sperimentato in grandi calamità.
La via della creatività.
“Non lasciatevi scoraggiare di fronte ai numeri crescenti di nuovi poveri e di nuove povertà. Ce ne sono tante e crescono! Continuate a coltivare sogni di fraternità e ad essere segni di speranza. Contro il virus del pessimismo, immunizzatevi condividendo la gioia di essere una grande famiglia. In questa atmosfera fraterna lo Spirito Santo, che è creatore e creativo, e anche poeta, suggerirà idee nuove, adatte ai tempi che viviamo”.
Ai Giovani
“Proprio ai giovani vorrei che si prestasse attenzione. Sono le vittime più fragili di questa epoca di cambiamento, ma anche i potenziali artefici di un cambiamento d’epoca. Sono loro i protagonisti dell’avvenire. Non sono l’avvenire, sono il presente, ma protagonisti dell’avvenire. Non è mai sprecato il tempo che si dedica ad essi, per tessere insieme, con amicizia, entusiasmo, pazienza, relazioni che superino le culture dell’indifferenza e dell’apparenza. Non bastano i “like” per vivere: c’è bisogno di fraternità, c’è bisogno di gioia vera. La Caritas può essere una palestra di vita per far scoprire a tanti giovani il senso del dono, per far loro assaporare il gusto buono di ritrovare sé stessi dedicando il proprio tempo agli altri. Così facendo la Caritas stessa rimarrà giovane e creativa, manterrà uno sguardo semplice e diretto, che si rivolge senza paura verso l’Alto e verso l’altro, come fanno i bambini. Non dimenticare il modello dei bambini: verso l’Alto e verso l’altro”.