Calais e Boulogne-sur-Mer, due porti (il primo molto più famoso grazie alle lezioni di storia) al confine nord francese con l’Inghilterra, separata dal continente solo da un lembo di mare di 34 km chiamato Canale della Manica. Un mare molto agitato e impetuoso che tuttavia viene anch’esso attraversato da numerosi migranti intenti a raggiungere il Paese anglofono. I numeri sono molto inferiori a quelli del “nostro” Mediterraneo, ma è un viaggio parimenti pericoloso a bordo di un gommone estremamente insicuro. Nel corso del 2021 sono stati più di 6000 i migranti che hanno attraversato La Manica, già il doppio rispetto allo stesso periodo di riferimento del 2020. Tra questi vi sono i 78 recuperati in mare dalla guardia costiera francese, riportati in 35 (5 donne e 6 bambini) al porto di Calais e in 43 al porto di Boulogne-sur-Mer.
Questi attraversamenti sono stati, secondo il governo inglese, fomentati anche da alcuni video virali sui social che “inneggiano alla traversata del canale della Manica” e “promuovono e arrivano a rendere persino “glamour” queste traversate mortali”, come riferito da Priti Patel, ministra dell’Interno del Regno Unito.
Dunque il Regno Unito, nonostante la Brexit, vive ancora i “problemi” legati alle migrazioni nell’Unione Europea e sta quindi pensando di seguire la via segnata a inizio giugno da uno dei Paesi ritenuti più progressisti in materia e simile per livello di immigrazione e per struttura di governo, il Regno di Danimarca.
Si ricorderà che a inizio giugno, il 3, il Parlamento danese guidato da una maggioranza social-democratica ha promulgato una nuova legge sull’immigrazione che in sostanza prevede che l’esame della domanda di asilo avvenga in un Paese terzo e che anche qualora la richiesta di asilo venisse accettata fosse lo stesso Paese terzo selezionato a continuare ad accogliere il rifugiato. Quindi una totale esternalizzazione del problema migranti, che destruttura il concetto stesso di asilo e fa a pezzi tutti i principi di ricongiungimento familiare (molti migranti tentato di raggiungere membri delle proprie famiglie residenti in Paesi europei) e di non refoulement (non respingimento verso Paesi che, anche a catena, possano violare i diritti umani). L’UE, il Consiglio di Europa e l’UNHCR, nonché numerose associazioni della società civile hanno espresso vergogna e forti timori rispetto a questa nuova legge, perché ritenuta in aperta violazione con la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 (di cui, ironia della sorte, la Danimarca fu il primo paese firmatario) e con il Global Compact del luglio 2020 con cui i Paesi UE si sono impegnati a una ripartizione equa dei migranti. Inoltre il Governo danese starebbe prendendo accordi con alcuni (ritenuti) Paesi terzi sicuri dalla situazione socio-politica discutibile, tra cui Egitto, Eritrea, Etiopia e Ruanda (con quest’ultimo è già stato stilato in tempi non sospetti, il 27 aprile scorso, un memorandum di intenti). D’altronde non stupisce molto la scelta dei Paesi, dopo le recenti considerazioni del Regno di Danimarca sull’attuale sicurezza della Siria che hanno portato al rimpatrio di centinaia di rifugiati siriani verso un Paese che obiettivamente sicuro non è.
Ad ogni modo, il vero problema di questa legge è il precedente che la stessa può creare a livello europeo. In questo il Regno Unito non si è fatto attendere, forte di un legame con il Regno di Danimarca segnato dai numerosi “opt-out” (deroghe alle leggi dell’Unione) firmati insieme. Domani, 6 luglio, infatti arriverà in Parlamento la proposta di riforma del sistema di asilo, la quale si vocifera riprenderà in larga parte le “innovazioni” presentate dalla Danimarca. Di pari passo, il Primo Ministro Boris Johnson ha già anticipato che vi saranno pene più severe per i migranti che attraversano il canale (dai 6 mesi ai 4 anni) e per i trafficanti di esseri umani che ne agevolano la traversata (dai 14 anni all’ergastolo), unitamente alle già severe pene che concernono i migranti in UK post-brexit (noi italiani lo sappiamo bene, con numerosissimi connazionali rinchiusi nei centri di detenzione inglesi).
Il timore è quindi chiaro. Si paventa all’orizzonte una graduale chiusura dell’Europa a tutti gli indesiderati, guidata da un effetto domino tra i Paesi man mano più influenti a livello politico-economico, mossi dal desiderio di ottenere voti facili sulla scia del terrore nei confronti del diverso e in aperto contrasto con la direzione, teoricamente decisa dagli stessi Paesi (rectius, non più dal Regno Unito oggi), e le decisioni dell’Unione Europea. Dunque questo Global Compact 2020, tanto voluto dalla Commissione UE e con progetti molto ambizioni in materia di immigrazione, rischia di essere un grandissimo flop, mentre le nuove leggi in materia di immigrazione, esternalizzando il problema migranti ai Paesi ritenuti sicuri della stessa Africa, rischiano di minare ancor di più il rispetto dei diritti umani (pietra miliare a fondamento del sistema di diritto occidentale) dei richiedenti asilo che si troveranno a subire un rimpallo continuo tra Europa e Africa, con tutte le problematiche legate all’attraversamento dei confini via mare, che persisterà e sembra essere stato dimenticato almeno dalla Danimarca.