ROMA – Aumentano i contagi in questi giorni, ma non la pressione sugli ospedali, con un numero stabile di ricoveri e decessi. Secondo il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, questa potrebbe essere “l’indicazione del passaggio ad una fase endemica del Covid“. Intervistato dalla Dire, Costa esorta comunque gli italiani alla prudenza, considerando i “cambi repentini” a cui questo virus ci ha ormai abituati. Con la fine dello stato d’emergenza, insomma, “non finisce la lotta alla pandemia”, e anche se ora ci troviamo in una fase “positiva”, che vede anche un massiccio allentamento delle misure restrittive, resta comunque “fondamentale” ricevere la terza dose e completare il ciclo vaccinale.
Quanto al futuro, è necessario che l’Europa su questo punto dia una “risposta omogenea”, ma nel frattempo il sottosegretario suggerisce di chiamare “richiamo” la quarta dose, così come si fa per gli altri vaccini. Più in generale, guardando agli ultimi due anni, nella gestione della pandemia “qualche errore è stato fatto”, soprattutto nella comunicazione, però Costa si dice abituato a fare i bilanci “alla fine”. Sulla questione dei profughi di guerra provenienti dall’Ucraina, infine, ci tiene a veicolare un messaggio chiaro: “Nel nostro Paese trovano accoglienza e solidarietà, ma è opportuno che si sottopongano alla vaccinazione“. Di questo la Dire ne ha parlato con il sottosegretario alla Salute Costa nel corso di una intervista video.
– In Italia continuano a registrarsi numeri considerevoli di casi, ma da domani, primo aprile, le regole verranno comunque mitigate. Non esiste un rischio di nuovi picchi oppure ormai, visti anche i dati stabili di ricoveri e decessi, dobbiamo imparare a convivere col Covid?
“L’obiettivo sicuramente è quello di arrivare ad una convivenza che non produca più una pressione sui nostri ospedali. E sotto questo aspetto, nonostante ci sia in questi giorni un aumento importante dei contagi, fortunatamente non vi è lo stesso aumento per quanto riguarda appunto la pressione sui nostri ospedali. Probabilmente questa può essere anche l’indicazione del passaggio ad una fase endemica del Covid, noi ci auguriamo che sia così. Ora è possibile iniziare una fase nuova grazie alla stragrande maggioranza degli italiani che responsabilmente si sono vaccinati e quindi oggi siamo certamente più protetti rispetto ad un anno fa”.
– Si può iniziare, allora, a parlare di Covid come se fosse un’influenza?
“Ci troviamo in una fase che dobbiamo osservare con grande attenzione e prudenza. Questa pandemia purtroppo ci ha abituato a cambi repentini degli scenari, quindi noi dobbiamo continuare ad avere grande senso di responsabilità, ma credo che gli italiani in questi due anni lo abbiano già ampiamente dimostrato, vaccinandosi e rispettando le regole. Sono convinto che questa prudenza e questo senso di responsabilità continueranno ad accompagnarci anche nei prossimi mesi, nonostante siamo di fronte ad una fase positiva. Noi però dobbiamo anche dire con forza a quei cittadini che devono ricevere ancora la terza dose che, nonostante ci sia un allentamento delle misure restrittive, è fondamentale che completino la vaccinazione, perché è proprio la terza dose che ci protegge di più”.
– Ma non crede che questo allargamento delle maglie, soprattutto per quanto riguarda il Green pass, possa indispettire chi si è fatto tre dosi e avvantaggiare invece chi ha sempre rifiutato il vaccino?
“Credo che ancora una volta dobbiamo dare grande fiducia agli italiani, perché se oggi siamo arrivati a questo risultato un ‘grazie‘ dobbiamo dirlo a loro, a tutti coloro che hanno rispettato le regole e che si sono vaccinati. Adesso confidiamo che questa fiducia sia ancora ripagata con grande senso di responsabilità e con la consapevolezza, ripeto, che chi deve completare il ciclo di vaccinazione lo faccia. Questo è fondamentale anche perché, qualora ci fosse una recrudescenza del virus, è chiaro che di fronte ad una platea maggiormente protetta con la terza dose si potrebbe affrontare con maggiore serenità”.
– Parliamo della quarta dose. Il ministro Speranza ha spiegato la necessità di una proposta univoca da parte dell’Europa. Che cosa vuol dire? Pensa che sarà per tutti o solo per anziani e fragili?
“Condivido ovviamente la posizione del ministro Speranza. Credo che sarebbe opportuno dare una risposta omogenea a livello europeo perché questo aiuterebbe a veicolare un messaggio univoco e darebbe rassicurazioni ai cittadini. Dopodiché io sarei scettico nel parlare di quarte e quinte dosi, credo che molto probabilmente ci troveremo di fronte ad un richiamo annuale, come peraltro già accade per altre vaccinazioni. Chi da vent’anni si fa il vaccino antinfluenzale, per esempio, non è arrivato alla 20esima dose ma al 20esimo richiamo. Anche nella comunicazione, allora, penso sia importante dire che l’obiettivo è quello e che la scienza sta lavorando per arrivare ad un vaccino o a un richiamo annuale, da fare magari insieme a quello influenzale. Rispetto alle dosi aggiuntive credo che la politica si debba fidare di quelle che sono le indicazioni scientifiche”.
– Si sta quindi lavorando ad un vaccino antinfluenzale e ad uno anti-Covid da somministrare insieme?
“Questo è l’augurio e la scienza sta lavorando ogni giorno per arrivare a questo risultato. Sarebbe veramente una grande opportunità per i cittadini, oltre che un incentivo in più a vaccinarsi, quindi speriamo che la scienza ancora una volta ci metta in queste condizioni”.
– Tra poco l’estate, come già avvenuto in passato, determinerà una diminuzione dei casi. E se in autunno dovessimo ritrovarci di fronte ad una nuova ondata di casi, pensa che saremo in grado di reintrodurre limiti e regole? O a questo punto il Green pass rafforzato, per esempio, rappresenta il passato?
“Su questo dobbiamo essere estremamente chiari e dire agli italiani che con la fine dello stato di emergenza non finisce la lotta alla pandemia, ma inizia semplicemente un modo diverso e ordinario per gestire la fase pandemica. Questo vuol dire proseguire con la campagna di vaccinazione e mantenere intatta la struttura che abbiamo costruito a livello regionale grazie al prezioso lavoro del generale Figliuolo. Per quanto riguarda il Green pass è stato certamente uno strumento straordinario, che ci ha consentito di intraprendere nel nostro Paese il percorso di riaperture iniziato il 26 aprile dello scorso anno e di raggiungere percentuali importanti per quanto riguarda la campagna di vaccinazione. Oggi ne prevediamo la sospensione dell’utilizzo, ma il Green pass è sempre uno strumento che esiste, i requisiti per ottenerlo sono chiari e rimangono quelli. Quindi qualora ci fosse la necessità di affrontare una nuova fase, che ovviamente non ci auguriamo, gli strumenti ci sono e verranno attivati. La struttura, insomma, continua ad essere presente e operativa”.
– Cosa modificherebbe della gestione della pandemia di questi due anni?
“La gestione della pandemia è stata complicata, purtroppo non è esistito un manuale per la gestione pandemica. La pandemia ha cambiato rapidamente gli scenari e si è dimostrata molto dinamica, quindi anche le misure con cui abbiamo cercato di affrontarla e gestirla, per forza di cose, hanno avuto la stessa dinamicità. Credo che da parte del governo Draghi ci sia stato l’inizio di un percorso che comunque ha cercato di dare certezze agli italiani, lo abbiamo fatto con l’inizio delle riaperture, dando date certe e consentendo una programmazione; abbiamo introdotto il criterio della gradualità, che ci ha sempre guidato, sia nell’introduzione delle misure restrittive sia nell’allentamento. Se devo fare un po’ di autocritica, certamente sul piano della comunicazione qualche errore è stato fatto, ma d’altronde era anche complicato e difficile non farne. La stessa scienza e la stessa comunità scientifica hanno avuto in alcuni momenti incertezze e si si sono trovate ad affrontare una situazione nuova, ma penso che ognuno abbia fatto il possibile e dato il massimo per portare un contributo per gestire la pandemia. I bilanci, ad ogni modo, sono abituato a farli alla fine e ad oggi non siamo ancora fuori dalla pandemia. Arriverà anche il tempo delle riflessioni e delle valutazioni, se eventualmente sono stati fatti errori oppure no”.
– È capitato, durante la pandemia, che alcune informazioni sembrassero discordanti… Ma trattandosi di una novità, lei dice, qualche errore ‘ci sta’. È così?
“Senza dubbio. Ricordiamo il caso Astrazeneca, quello certamente ha veicolato un messaggio non chiaro e nei cittadini ha alimentato l’incertezza. Questo non ha certamente aiutato, però la stessa scienza nel dare indicazioni non aveva certezze. Credo quindi che gli errori siano stati frutto della grande incertezza e del fatto che tutti siamo stati chiamati a combattere un nemico sconosciuto”.
– In merito allo scioglimento del Cts, su cui cala il sipario, cosa ne pensa? Sarebbe stato necessario, secondo lei, avere ancora una guida per l’uscita dalla pandemia?
“Il Cts è stato uno strumento straordinario dettato dalla situazione emergenziale. Il fatto che non ci sia più il Cts non vuol dire che la politica non debba più fare riferimento alle indicazioni scientifiche, ricordo che nel nostro Paese abbiamo eccellenti istituzioni che rispondono a questi requisiti, pensiamo all’Agenzia italiana del Farmaco o all’Istituto superiore di Sanità. Questi organi tecnico scientifici continueranno ad esserci e a fornire alla politica le indicazioni per cercare di fare le scelte migliori”.
– Pandemia ma anche guerra. In questi giorni i flussi provenienti dall’Ucraina sono consistenti. Qual è l’approccio dei profughi al vaccino anti-Covid?
“Non c’è dubbio che parliamo di una popolazione che arriva da un Paese dove vi è una percentuale di vaccinazione molto bassa, parliamo del 30-35%, non solo del vaccino anti-Covid ma anche di tanti altri vaccini, pensiamo al morbillo, alla polio o alla tubercolosi. Il nostro Paese ha messo a disposizione un’assistenza sanitaria a 360 gradi, quindi diamo a tutti loro la possibilità di sottoporsi alla vaccinazione. Nei prossimi giorni attendiamo di avere dalle Regioni i dati, che ci permetteranno di fare le dovute analisi e di conseguenza anche le dovute scelte; intanto ci sono alcune realtà, al momento isolate, dove c’è una difficoltà maggiore e una predisposizione minore nei confronti della vaccinazione. Su questo dobbiamo veicolare un messaggio chiaro: i profughi che arrivano nel nostro Paese ovviamente trovano accoglienza e solidarietà, ma credo sia opportuno che si sottopongano alla vaccinazione”.
Da «Agenzia DIRE»