Considerato uno dei più grandi giornalisti italiani del XX secolo, era e resterà sia il fondatore del quotidiano la Repubblica che un aiuto fondamentale per la nascita dell’Espresso. Entrambe due testate giornalistiche che godono di ampia fama, riguardanti temi di politica, cultura ed economia.
Nel corso della sua vita però Scalfari è stato molte altre cose: romanziere, saggista, direttore, amministratore, poeta e, infine, sia amante che marito.
Nasce a Roma nel 1924 da genitori calabresi. Tra le sue prime esperienze giornalistiche ricordiamo le sue pubblicazioni tramite il G.U.F., gruppo universitario fascista, presso il giornale “Roma Fascista”, durante i suoi studi di giurisprudenza. Si avvicina al giornalismo debuttando sulle gazzette nei primi anni Quaranta.
Negli anni ’50 e ’60 Scalfari frequenta un gruppetto di intellettuali riconoscenti come capostipite del giornalismo il quotidiano “Il Mondo”, giornale politico, culturale ed economico.
La sua carriera giornalistica prende, però, ufficialmente il via qualche anno dopo. Le sue ambizioni erano troppo grandi e i suoi sogni troppo vividi per essere ignorati o limitati. Perseguendo i suoi obbiettivi fonda ufficialmente nel 1976 il quotidiano la Repubblica, restandone la colonna portante per 20 anni esatti.
Ha segnato la storia del giornalismo italiano dando, senza timore, voce alle sue idee e ai suoi pensieri. Lontano dal mondo religioso, non risparmiava nessuno dei suoi commenti diretti e la sua opinione politica. La Repubblica è il primo esempio di questo suo animo rivoluzionario: inserisce più articoli di costume e politica, elimina la terza pagina, usa titoli più forzati e una scrittura da settimanale.
Con audacia e forza ha rinnovato formule giornalistiche, reinventato e inventato stili.
Cambiamenti così grandi e all’avanguardia permettono alla testata giornalistica di diventare un capostipite del panorama editoriale e giornalistico, persino alla pari del Corriere della Sera.
Nel 1996 abbandona ufficialmente la dirigenza del quotidiano, svolgendo solamente il ruolo di editorialista dell’edizione domenicale. In questi editoriali, ritenuti dai suoi lettori come delle “messe laiche”, Scalfari si rivolge a loro commentando i fatti della quotidianità alternando temi riguardanti la sua amata politica a quelli di filosofia e letteratura. Nonostante lui fosse dichiaratamente ateo, questi estratti lo portano persino a interfacciarsi con Papa Francesco, con cui intrattiene dialoghi sul destino dell’uomo, sull’etica, sulle passioni e, soprattutto, sull’immancabile panorama politico.
Una delle opere più famose ed emozionanti del direttore è “La sera andavamo in Via Veneto, storia di un gruppo dal “Mondo” alla “Repubblica”. Nel libro Scalfari racconta la sua Italia con tutte le sue difficoltà e crisi. In quest’opera del 1986 trapela la natura del giornalista: il suo essere liberale. L’opera è, infatti, proprio la narrazione dell’esperienza di oltre trent’anni dei liberali italiani.
La sua grande tenacia e la sua innata passione nei confronti della politica non lo risparmiarono da critiche e rivalità profonde. Nonostante sia accusato di amare troppo gli intrighi e gli scoop Eugenio Scalfari non si lascia intimidire e rivendica con le unghie e con i denti la sua libertà di pensiero.
Nonostante le rivalità, presa conoscenza della sua dipartita anche i suoi oppositori ci tengono a dedicare un momento in sua memoria. Silvio Berlusconi si pronuncia “Eugenio Scalfari è stato una figura di riferimento per i miei avversari in politica. Oggi, però, non posso non riconoscergli di essere stato un grande direttore e giornalista, che ho sempre apprezzato per la dedizione e la passione per il suo lavoro”. L’ex premier utilizza Twitter per diffondere le sue parole di rispetto, che si uniscono a tutte quelle di coloro che vogliono ricordare con affetto e stima il giornalista. Tante sono le persone addolorate da questo lutto. Sia nel mondo reale che in quello virtuale, Twitter, Facebook e Instagram, milioni sono i contenuti in memoria di Eugenio Scalfari. Nonostante oggi si sia spento colui che viene ritenuto il padre del giornalismo, il ricordo di chi è stato e di quanto sia stato importante per il panorama sia editoriale che giornalistico non morirà mai.