Roma, 19 agosto 2022 – Intanto una buona notizia. Il primo settembre prenderanno servizio i tanto attesi nuovi assunti reclutati attraverso la procedura Ripam Lavoro (una graduatoria per 1541 posti che conta 6323 idonei nel profilo GIUL e 2984 nel profilo ISPL ). Destinazione presso INAIL, Ispettorato del Lavoro e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Sono le assunzioni collegate al concorso bandito ad agosto 2019 e poi riaperto a luglio 2021 in base alle procedure fast track introdotte per fronteggiare le esigenze di rapidità di reclutamento post pandemia.
Un concorso che, date alla mano, è durato più di un anno e che, dalla riapertura dei termini, ha sforato di molto gli auspicati 100 giorni previsti dalla procedura fast track targata Renato Brunetta. Ma non è l’unico caso. Vediamo perché.
Quante saranno le assunzioni nella PA?
Lo scorso luglio la Funzione Pubblica ha confermato il dato annunciato pochi mesi prima dal Ministro Brunetta: servono 800.000 assunzioni entro il 2028. Anzi, “considerando anche i previsti 500mila pensionamenti, entro 6 anni bisognerebbe assumere quasi 1,3 milioni di persone, circa 200 mila ogni anno” (fonte: “Il Paese che riparte”, ricerca sul Lavoro pubblico 2022 presentata in apertura di Forum Pa 2022).
Dato confermato sia dall’esperienza del cittadino sempre più spesso in balia di uffici vuoti per mancanza di personale, che dai continui bandi annunciati e in pubblicazione. Sempre a luglio ad esempio sono state autorizzate 14.000 assunzioni principalmente nelle Amministrazioni Centrali da effettuarsi tra il 2022 e il 2023.
Tempi rapidi per le prove scritte
Quando un concorso prevede una prova scritta a quiz, l’amministrazione ne affida lo svolgimento a soggetti esterni tra cui Formez per le sessioni in presenza e Selexi o Merito per quelle in remoto. Questa fase è sempre più rapida. Grazie anche alla modalità decentrata che consente lo svolgimento in contemporanea delle sessioni di esame in più regioni, non mette più paura organizzare una prova scritta per decine di migliaia di candidati (si veda ad esempio il recente concorso gestito da Formez che ha visto la partecipazione di 54.556 candidati). E anche per i candidati si tratta di una agevolazione importante, non essendo più costretti a recarsi di persona nella città in cui ha sede l’ente che bandisce la procedura. Inoltre, se nel 2021 alcune sessioni sono state annullate per via di quesiti errati, adesso sono state introdotte domande di riserva da estrarre nel caso in cui – durante la prova- la Commissione o un candidato ravvisi delle imprecisioni in uno o più quesiti. Il risultato del test è disponibile la sera stessa del giorno della prova oppure al termine della sessione per profilo. Tempi più che rapidi dunque.
I colli di bottiglia
Ad essere lente sono le amministrazioni.
Basti pensare che per utilizzare una graduatoria occorre attendere i tempi di inoppugnabilità. La graduatoria è infatti l’atto finale della procedura di reclutamento e come tale è un atto amministrativo che soggiace, al pari di tutti gli atti, ai 60 giorni oltre i quali qualsiasi tentativo di impugnazione diviene impossibile. Nessuna amministrazione si azzarderebbe a convocare un vincitore prima di avere la certezza che nessun candidato abbia presentato un ricorso al TAR.
Se bastava questo dato tecnico a far saltare la logica dei 100 giorni, esiste poi un secondo collo di bottiglia forse sottovalutato dai tecnici di Palazzo Vidoni: le autorizzazioni di spesa. “È vero che per bandire un concorso pubblico l’amministrazione deve avere le risorse economiche per assumere quanto meno i vincitori – spiega Edoardo Chirichilli della graduatoria Ripam Lavoro-, tuttavia i tempi di autorizzazione della spesa -sebbene in bilancio – possono riservare delle sorprese”.
Si innesca così un circolo vizioso che vede vittima sia la Pubblica Amministrazione che non riesce a coprire in tempo utile il proprio fabbisogno sia i vincitori e gli idonei che – nell’attesa della tanto agognata assunzione – si dividono in due gruppi: chi continua a tentare altri concorsi (non spaventi che alcuni candidati in un solo anno abbiano tentato tra i 10 e i 15 concorsi a prova unica) e chi invece aspetta pazientemente.
Il colpo di grazia arriva infine dall’amministrazione che bandisce il concorso: nell’attesa, il proprio fabbisogno aumenta e le posizioni messe a bando non sono più sufficienti a colmare la fuoriuscita – costante e persistente – di personale che magari raggiunge l’età pensionabile o semplicemente se ne va.
Le graduatorie non vengono condivise a sufficienza
Se proviamo a mettere insieme le due informazioni (carenza di 800.000 impiegati e lunghezza delle graduatorie vigenti e disponibili) appare un evidente controsenso di cui si è più volte parlato. Perché si continuano a bandire concorsi per figure già selezionate in procedure appena terminate e con graduatorie lunghissime?
Prendiamo il caso della graduatoria dei Concorso Unico Funzionari Amministrativi Ripam che conta ben 21.000 idonei di cui 3.300 effettivamente convocati sia per coprire i posti messi a bando che per qualche timido utilizzo da altre amministrazioni. Essendo un concorso unico, è stato concepito fin dall’inizio per dare la possibilità a più enti di utilizzarne le risorse selezionate. Nel corso degli ultimi due anni però sono state bandite procedure per figure professionali del tutto equivalenti se non identiche con grande sconcerto dei candidati che si sono trovati a dover ripartecipare a prove in un certo senso già sostenute.
Il legislatore in ogni caso è intervenuto sulla questione dell’utilizzo delle graduatorie esistenti già nel 2013. “L’articolo 4 della Legge n. 125 del 2013, accompagnato dalla Legge 150 del 2013 sul turn over, – si legge in una nota del Comitato Idonei Funzionari Amministrativi, costituito per rappresentare gli idonei in graduatoria – prevede che in caso di Concorsi Unici gli Enti pubblici, anche in osservanza del criterio di economicità, debbano attingere dalla graduatoria esistente per colmare il proprio fabbisogno di personale, prima di bandire altri concorsi per i medesimi profili”.
Ma nella pratica si tratta di un’opportunità a cui le amministrazioni ricorrono poco e senza troppi entusiasmi. Forse manca il coordinamento a monte delle amministrazioni?
Il silenzio della politica
Sono molti i comitati di idonei che nascono per dare voce alle graduatorie. Organizzati in gruppi WhatsApp, Telegram e Facebook cercano di fornire una soluzione allo stallo di molti enti prodigandosi nella stesura di dossier, proposte migliorative, incontri con le parti politiche e appelli di qualsiasi genere.
Ma della necessità di velocizzare lo scorrimento e la condivisione delle graduatorie, nessun programma elettorale per le imminenti elezioni del Parlamento fa menzione.
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