“Siamo in piena emergenza educativa e la grande assente è la famiglia. Gli ultimi due episodi di cronaca di Latina e Carlentini, sono la tragica testimonianza, della violenza fisica e psicologica a cui stiamo assistendo inerti. Non reagiamo come dovremmo con programmi seri per bambini e adolescenti di educazione alle emozioni e all’uso consapevole delle nuove tecnologie e la creazione di una Scuola per la famiglia”.
E’ durissimo il commento di Francesco Pira, professore associato di sociologia della comunicazione e Direttore del Master in Esperto della Comunicazione Digitale dell’Università di Messina, dopo i due episodi di Latina, dove una ragazzina di 14 anni si è rifiutata di consegnare il cellulare alla scuola, generando una lite tra famiglia e docenti, e Carlentini dove una adolescente ha picchiato una coetanea mentre altre loro compagne le riprendevano. Entrambi gli episodi sono diventati virali sul web. Autore del libro “Figli delle App” lo studioso ha voluto stigmatizzare quanto “violenza fisica e violenza psicologica sono andati a braccetto e sicuramente creeranno emulazione vanificando ogni tentativo di lavorare sul rispetto dell’altro e sull’educazione”. Ha aggiunto il sociologo: “dalle mie ultime ricerche, relative alle dinamiche comunicative social, emerge l’individualismo, la concentrazione su di sé. Il voler offrire una certa immagine di sé agli altri attraverso i social network, giungendo a limiti estremi. L’elemento principale da non sottovalutare è quel sentiero della solitudine che abbiamo iniziato a percorrere. Sempre connessi col mondo, ma sempre più isolati e chiusi in noi stessi. Un processo che spinge a riflettere ancora una volta sui rischi della “vetrinizzazione”, dove gli individui si espongono pur di ottenere qualche “like” su Facebook o qualche “cuoricino” su Instagram. Sui social tendiamo ad assumere modelli di identità predeterminati pur ritenendo di esprimere la nostra individualità, attuando una sorta di mimetizzazione, con la quale cerchiamo di assomigliare a questi ambienti online e, così facendo, rinunciamo a noi stessi. Ecco che diamo vita ad un io performativo con il preciso scopo di ottenere il gradimento del proprio pubblico. L’utilizzo dei diversi social media avviene in funzione degli obiettivi di comunicazione e del pubblico a cui si rivolgono. Più profili. Più pubblici”.
In particolare, proprio i giovani stanno sperimentando nuove strategie di adattamento al contesto dei pubblici in rete. Una rappresentazione di sé nella quale l’intimità riveste ruolo chiave evidenziando tutte le criticità legate anche alla definizione della propria sfera sessuale, ancora da svelare e comprendere fino in fondo. Questa estrema fluidità delle identità può portare a un rallentamento del processo di costruzione delle stesse, avendo come ulteriore conseguenza quella di rendere precarie e “leggere” le relazioni sociali come conseguenza della loro costruzione all’interno degli ambienti social.
“I social – ha concluso Pira- sono gestiti da imprenditori che hanno fiutato quanto siamo disposti a cedere le nostre emozioni, la nostra privacy, la nostra intimità per farci giudicare e approvare dagli altri. Emerge un forte desiderio di “vetrinizzazione” che ci porta ad esporci su queste piazze virtuali e molto spesso esponiamo anche gli altri per ottenere “like” su Facebook o “cuoricini” su Instagram. Ecco, perché bisogna essere sempre perfetti per essere apprezzati ed ammirati da chi ci guarda come se fossimo realmente esposti in vetrina. Così come essere protagonisti di fatti gravi e violenti, come quello di Latina o Carlentini, fa diventare i carnefici eroi. Protagonisti di episodi pieni di cattiveria e disumanità, che poi vengono emulati. Non c’è più tempo da perdere. Educazione alle emozioni e all’uso consapevole delle nuove tecnologie per bambini e adolescenti, scuole per genitori. Questa è la strada maestra. Una forte alleanza educativa di istituzioni, associazioni, Chiesa. Altrimenti sarà sempre peggio”.