Secondo il Report realizzato dall’Istituto Serafico, per oltre il 63% delle persone diversamente abili anche un esame di routine diventa un percorso a ostacoli. A fare da padrone percorsi mirati quasi totalmente assenti, barriere architettoniche e mancanza di una risposta specifica per le persone con disabilità gravi o gravissime.
Le lunghe attese al pronto soccorso o le difficoltà nell’affrontare esami invasivi sono dinamiche che chiunque ha sperimentato e che spesso costituiscono un compromesso quasi inevitabile di fronte a un problema di salute.
Eppure c’è chi vede queste situazioni trasformarsi in veri e propri percorsi a ostacoli, a volte quasi impossibili da superare, o comunque affrontabili al prezzo di lunghe peregrinazioni o di veri e propri ‘viaggi della salute’ anche per questioni che normalmente potrebbero essere considerate di routine. È ciò che accade a chi si trova a dover fare i conti con disabilità gravi o gravissime, tali da rendere assai complessa anche una semplice spirometria (un esame diagnostico per valutare la funzione polmonare). In quest’ambito, dunque, nonostante l’impegno e il lavoro di molti soggetti coinvolti, resta ancora tanta strada da fare e i vulnus sono fin troppo evidenti.
Lancia l’allarme l’Istituto Serafico di Assisi che in occasione della Giornata Mondiale della Disabilità in calendario il 3 dicembre ha condotto uno studio prendendo in esame le situazioni delle famiglie di persone con disabilità, ma anche quelle dei disabili stessi e di numerose associazioni del settore. Il centro di eccellenza per la riabilitazione, la ricerca e l’innovazione medico scientifica per bambini e giovani adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali gravi e gravissime espone i seguenti dati – che verranno presentati anche nel corso dell’incontro “Innovazione e ricerca in riabilitazione” che si terrà all’Istituto Serafico il 2 e 3 dicembre con la partecipaione, tra gli altri, della professoressa Chiara Carrozza, presidente del Cnr – parlano di una situazione in cui le criticità sono all’ordine del giorno.
Gli intervistati hanno riferito di aver riscontrato l’assenza nelle strutture sanitarie di percorsi specifici per persone con disabilità nel 49,8%dei casi, e di averle trovate raramente nel 36,7% dei casi. Permangono poi le barriere architettoniche indicate come presenti dal 37,6% degli intervistati. Accanto alle lunghe ore d’attesa, vengono riscontrate spesso anche difficoltà nella comunicazione dei bisogni specifici al personale, a cui si aggiungono quelle legate alla gestione dei comportamenti problematici delle persone con disabilità psichiche. Una situazione, dunque, che non può che risolversi in un vero e proprio calvario per le famiglie e per i caregiver, oltre che per gli assistiti stessi: il 63,3% del campione, infatti, ha dichiarato di dover uscire dalla propria regione per effettuare le cure necessarie o anche solo per delle semplici visite di routine, mentre il 79,6% ha messo in evidenza la necessità di rivolgersi a più di una struttura sanitaria prima di ricevere un’assistenza adeguata.
“Sono numeri che restituiscono una situazione complessa, aggravata anche dalle difficoltà innescate dalla pandemia di coronavirus degli ultimi anni” ha spiegato Francesca Di Maolo, Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, secondo cui “nella maggior parte delle strutture sanitarie italiane mancano dei protocolli specifici per le persone con disabilità e c’è una forte carenza di personale adeguatamente formato”. “La nostra struttura ad esempio, essendosi sempre ispiratadalla volontà di coniugare il ‘curare’ con il ‘prendersi cura’ – ha continuato – lavora quotidianamente per rendere i servizi ambulatoriali per persone con disabilità sempre più adatti al loro stato di salute. Ma il Sistema Sanitario Nazionale italiano è cucito su misura per il malato, non per il malato con disabilità. Ed é per questo che il tema dell’accessibilità alle cure per ogni individuo deve diventare una priorità su cui si fonda la democrazia sostanziale, la civiltà e il benessere di un Paese” Per farlo? “Occorre una vera e propria svolta culturale – ha aggiunto Di Maolo – che ci traghetti verso il pieno riconoscimento della dignità e dei diritti delle persone diversamente abili e che sia in grado di abbattere le disuguaglianze in tutti i settori della sanità. Ma al contempo è necessario anche mettere mano al Pnrr e destinare una parte di quei fondi all’accessibilità degli ospedali, così come è stato fatto per le strutture alberghiere e ricettive, e rendere finalmente effettiva e concreta la piena accessibilità alle cure”. In sintesi, dunque, è necessario un adeguamento dell’offerta sanitaria ai bisogni, spesso delicati, delle persone con disabilità. Ed è necessario farlo in fretta.