Essere fuori sede rappresenta da sempre il simbolo di libertà, autonomia e indipendenza. Come ogni cosa, però, anch’essa ha un rovescio della medaglia. Vivere lontano da casa, significa concretamente una spesa economica non indifferente per le famiglie e coloro che scelgono con coraggio di mantenersi da soli, a causa delle condizioni economiche\ familiari o in mancanza di qualcuno a cui appoggiarsi.
A Verona è difficile trovare una stanza singola che costi al di sotto dei 350 euro, spese escluse, arrivando anche ai 500 euro mensili (se non oltre).
Gli studenti hanno deciso di far sentire la propria voce e protestano, come in altre sedi e città, contro gli affitti esageratamente cari e la mancanza di posti letto nelle residenze che lascia spazio ai locatori di approfittarsi della disperazione dei ragazzi. Basti pensare che circa trentamila sono gli studenti a Verona e solo 438 i posti disponibili negli studentati pubblici.
L’UDU, associazione studentesca dell’Università degli Studi di Verona, si è unita alla protesta iniziata a Milano da Ilaria Lamera, 23 anni. La studentessa ha cominciato a dormire in tenda davanti al politecnico ed è rimasta accampata in piazza Leonardo da Vinci per una settimana, dal 2 al 7 maggio.
La sua protesta ha spinto numerosi ragazzi a ribellarsi, “VOGLIAMO POTER VIVERE QUI”, esordiscono i giovani.
“Non possiamo aspettare ancora: con l’aumento delle immatricolazioni degli ultimi anni e la speculazione dei privati, i costi sono diventati davvero insostenibili per noi studenti, com’è visibile in tutta Italia”, queste le parole degli studenti di Verona.
La manifestazione pacifica, iniziata una settimana fa, vede il suo fulcro nel giardino del Polo didattico Zanotto dell’università, in Viale Università n4.
Gli studenti dormiranno in tenda fino al 19 maggio, giorno in cui l’Università degli Studi di Verona inaugurerà ufficialmente l’anno accademico 2022\2023, per poter incontrare in questo modo la ministra dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini e presentare ai suoi occhi il problema.
L’obbiettivo è rivendicare il proprio diritto allo studio: la mancanza di abitazioni convenienti alla portata di tutti mina ai ragazzi la possibilità di godere della vita universitaria a 360 gradi.
Con il termine dello stato d’emergenza dovuto all’epidemia da Covid-19, le lezioni sono tornare in presenza al 100%. Chi è fuori sede, ma non può permettersi un’abitazione o la vita da pendolare, è quindi impossibilitato ad assistere alle lezioni, perdendo una parte fondamentale dell’apprendimento e mettendo “in pericolo” la propria carriera universitaria.
Col tempo l’Università è diventata sempre meno “per tutti”, le alte tasse hanno reso l’istruzione un “bene di lusso” che molti non possono permettersi. L’aumento degli affitti ha aggiunto un pezzo a questo triste puzzle rappresentate un paese che, ancora una volta, si conferma “per vecchi” reprimendo ai giovani la possibilità di sbocciare e crescere.