Argomento caldo quello del Ponte sullo Stretto di Messina che, negli ultimi tempi, ha spaccato in due la cittadinanza tra coloro che, nel Ponte, vedono una fonte di ricchezza ed una possibilità di ampliamento e chi, di contro, considera il Ponte come un’opera che non solo non darà un rilancio all’economia, ma causerà un grave danno all’intera città di Messina.
Alla luce della recente visita del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Salvini, abbiamo dato voce alla prof.ssa Lucia Risicato, docente di Diritto penale nell’Università di Messina. “Si parla del Ponte – ha sottolineato la prof.ssa Risicato – come se si stesse raccontando una favola. Espropriazioni, lavori propedeutici, cantieri… su un progetto che presenta enormi criticità e che risulta datato. Tutto sulla pelle di migliaia di persone minacciate di perdere tutto: casa, progetti e speranze”.
Il Ponte, infatti, così come si legge dalle relazioni pubblicate sul sito della Società Stretto di Messina, fautrice ed autrice dell’iniziativa, dovrebbe essere un’opera di alta tecnologia che collegherà la Calabria e la Sicilia con treni e auto a basso impatto ambientale.
“In verità – ha proseguito la prof.ssa Risicato – non sembra esserci stato alcuno studio fattivo di compatibilità sia per quel che concerne l’attività sismica che interessa il nostro territorio sia e, soprattutto, direi, per quel che concerne l’impatto ambientale”. A soffrirne, infatti, sarà la fauna ittica e volatile che subirà le modifiche territoriali. “Basti pensare al consumo d’acqua – ha proseguito la prof.ssa Risicato – che dovrà essere impiegato per la costruzione, così come rilevato da Anna Giordano una delle leader del WWF in Sicilia”. Infatti la stessa Giordano, nel corso di un’intervista volta ad evidenziare le criticità della costruzione, ha dichiarato: “Nel progetto Ponte del 2011-2012 non era chiaro come avrebbe funzionato l’approvvigionamento idrico legato alla costruzione. Addirittura, hanno scritto che l’avrebbero presa dall’acquedotto. Vogliamo ridere o piangere? Anche nel progetto di adesso, nello studio di incidenza che sto leggendo, non c’è una riga su quanta acqua e da dove la prenderanno”. (cit.) In un territorio dove, sovente, la siccità la fa da padrona in effetti c’è da chiedersi cosa potrebbe accadere se gli già scarsi approvvigionamenti venissero distribuiti in favore dei cantieri propedeutici alla costruzione del Ponte.
Inoltre “Un’altra importante preoccupazione viene dalla possibilità che passino le ruspe, si allestiscano i cantieri e si colino le prime tonnellate di cemento, prima dell’intoppo tecnico fatale o dell’esaurimento dei fondi. Questa potrebbe davvero essere considerata come la devastazione totale della città di Messina – ha continuato la prof.ssa Risicato – che vedrebbe definitivamente stravolto il suo territorio (condannato a diventare un’immane stazione ferroviaria) e, soprattutto, la sua economia. Sarebbe stato più produttivo concentrarsi sulla modifica e le migliorie delle urbanizzazioni primarie e secondarie che, ad oggi, risultano essere carenti”. O ancora “sullo sviluppo di progetti alternativi – ha proseguito – che potessero essere decisamente più innovativi e a impatto ambientale ridotto, come un tunnel sottomarino (simile a quello che attraversa la Manica). Per i messinesi sarebbe assai opportuno (e semplice) ripristinare, ad es., il collegamento veloce tramite gli aliscafi con l’aeroporto di Reggio Calabria”.
Una città da sempre tenuta sotto una sorta di cortina di fumo, in cui tardano ad essere lanciate attività economiche e che, rispetto al territorio italiano, resta sempre indietro legata ad una procrastinazione ostinata di ciò che deve essere considerato primario ed immediatamente fruibile, come la costruzione dell’autostrada durata anni, o ancora la condotta di refluo delle acque nere, non del tutto ultimata nella zona Nord, avrebbe dovuto avere più voce nella sottoscrizione di un progetto che le cambierebbe fisionomia. “Attendiamo con preoccupazione la messa in posa della prima pietra – ha concluso la prof.ssa Risicato – ma non ci convince affatto l’idea – o l’impostura – dell’innovazione”. Le innovazioni, vogliamo aggiungere, dovrebbero partire da una realtà già completa e non da un trampolino poco solido che sembra dover crollare da un momento all’altro. @riproduzione riservata