Pasta, formaggio e pomodori: il piatto dei calzolai napoletani torna in auge su Tik Tok. La ricetta proposta dallo chef-pizzaiolo napoletano Ciro di Maio, noto per insegnare l’arte della pizza ai detenuti in carcere. Ricetta di riciclo, ha una sua valenza etica. “Lo scarpariello rispecchia l’anima napoletana, io lo servo su un piatto fatto di pane” Si chiama “scarpariello” ed è la sintesi della cultura napoletana in cucina. È un primo piatto di pasta, è il racconto di una tradizione. Perchè non tutti sanno che lo scarpariello nasce all’inizio del secolo scorso nei Quartieri Spagnoli di Napoli, una delle zone più popolari del capoluogo campano. In quel quartiere, un tempo, puntellato di aziende del settore del calzaturificio, lavoravano gli “scarpari” (calzolai, ndr) coi loro raffinati prodotti artigianali. Furono loro ad ideare, più per necessità che per passione da gourmet, la “pasta del calzolaio”.
Ricetta veloce e a basso costo: gli ingredienti di base erano sughi avanzati dal giorno prima (spesso della domenica), pasta (o pane) e formaggio, che arrivava agli “scarpari” dai contadini che non avevano altro con cui pagarli. Un secolo dopo la nascita della “pasta del calzolaio” a Napoli non si è ancora affievolita la passione per quella ricetta, che è stata portata alla quintessenza con la scelta dei paccheri e del pomodoro. Si tratta di un sugo a base di pomodorini, arricchito in fase di mantecatura con formaggio grattugiato. Per questo la pasta allo scarpariello è una ricetta “di riciclo”, poiché è possibile recuperare i formaggi avanzati in frigorifero e uniti a qualche pomodoro, che diventa una crema morbida e saporita.Ebbene, la storica ricetta napoletana sta vivendo una nuova vita grazie a Ciro di Maio, chef napoletano con la passione della pizza che a Brescia ha aperto il suo “San Ciro”, dove propone le ricette della tradizione campana (oltre ad essere impegnato nel volontariato: insegna l’arte della pizza ai carcerati).
Ciro ha realizzato un video raccontando i “suoi” Paccheri allo Scarpariello (ha scelto pecorino romano dop assieme a grana grattugiato, condimento con basilico, prezzemolo e peperoncino, olio e aglio) e li ha impiattati su una cialda di pane, poi chiusa come fosse una sorta di “pignatta”, la stessa che usavano i calzolai quando si portavano in azienda il lunedì la pasta con gli avanzi della domenica. Sarà stato il suo tono scanzonato, o forse la bellezza della ricetta, o l’acquolina in bocca che ha generato in chi lo guardava. È diventato virale e non cessa di esser visto. “Per me è un orgoglio promuovere la tradizione della cucina napoletana da Brescia, dove oggi lavoro”, spiega lo chef Di Maio.
“I Paccheri allo Scarpariello sono l’emblema della cucina povera, che però ha dentro tutti i gusti migliori della campania. Quando ho proposto la ricetta, raccontata in stretto napoletano, sul profilo Tik Tok di San Ciro non immaginavo tanto successo. Siamo a 2,1 milioni di visualizzazioni e quasi duemila commenti. Raccontare ai giovani le nostre tradizioni è fondamentale e riuscirci su canali social presidiati dai ragazzini è davvero fonte di speranza per il mantenimento della tradizione culinaria napoletana. Anche perché la bellezza di questo piatto è che è figlio della cultura del riuso degli ingredienti poveri, che uniti insieme creano ricette che il mondo ci invidia”.
PACCHERI ALLO SCARPARIELLO, LA RICETTA DI CIRO
Gli ingredienti per preparare lo scarpariello (ricetta per 4 persone)400 g di paccheri Pomodorino del Piennolo (600 grammi) Formaggio grana grattugiato Pecorino romano dop Olio extravergine d’oliva dop campano Sale q.b.2 spicchi di aglio Prezzemolo Peperoncino Abbondanti foglie di basilico fresco
LA PREPARAZIONE
Far soffriggere in un fondo d’olio gli spicchi di aglio. Aggiungere i pomodori, il basilico, il prezzemolo, il peperoncino e un pizzico di sale e lasciar cuocere. Lasciar cuocere a fuoco lento il sugo mentre si cuoce la pasta in un’altra pentola. Amalgamare il sugo col formaggio (lontano dal fuoco) e aggiungere la pasta al sugo ottenuto, per l’ultima cottura. Come decorazione, basilico e ancora grana.
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Ciro Di Maio nasce a Frattamaggiore, un comune del Napoletano, nel 1990. Mamma casalinga, papà dal passato burrascoso. Le sue prime esperienze nel lavoro sono a 14 anni, poi si iscrive all’Alberghiero, ma a 18 anni lascia gli studi e inizia a lavorare. Nel 2015, la svolta: trova un lavoro da pizzaiolo per una grossa catena in Lombardia, poi riesce a rilevare quella pizzeria assieme a sei soci, infine diventa titolare unico. È così che è iniziata l’avventura “San Ciro”, il suo locale a Brescia (vicino al multisala Oz, in via Sorbanella) che oggi impiega una quindicina di persone ed è noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù alla carta di alta cucina. Il nome del locale è un omaggio ai nonni di Ciro, sia dal lato materno che paterno, figure fondamentali nella sua vita. Suo padre, in particolare, ha dedicato il suo tempo al volontariato e all’aiuto dei giovani tossicodipendenti, collaborando con una comunità per offrire loro una possibilità di uscire dalla droga e ricostruire una vita migliore. Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio dop, mozzarella di bufala campana dop, pomodorino del Piennolo, ricotta di bufala omogeneizzata e porchetta di Ariccia Igp. Fondamentale è la pasta: ogni giorno viene scelto il livello esatto di idratazione, in base all’umidità di giornata. In menù ha la pizza verace, ma anche il battilocchio, la pizza fatta da un impasto fritto nell’olio bollente e subito servito avvolto in carta paglia. Le pizze sono tutte diverse, sono fatte artigianalmente. Ciro lo ripete spesso. “Mi piace tirare le orecchie alle pizze, ognuna ha il suo carattere e deve mostrarlo, odio le pizze perfettamente rotonde e se c’è più pomodoro da una parte rispetto ad un’altra è perché usiamo pomodori veri”. Molti i vip che lo amano, le pareti del suo ristorante sono piene di fotografie. Tra le altre anche Eva Henger, che è stata a cucinare pizze una sera da lui. Senza dimenticare i giocatori del Brescia Calcio, che quando possono, anche dopo le partite, lo passano a salutare. Ciro ama le iniziative benefiche. Ciro si è dedicato anche alla formazione nel Rione Sanità di Napoli, un quartiere che gli ricorda la strada in cui è cresciuto, via Rossini a Frattamaggiore. L’istituto che ha accolto il suo progetto è stato l’Istituto alberghiero D’Este Caracciolo, ha portato a termine delle lezioni online a dei ragazzi che seguono l’indirizzo enogastronomico e l’indirizzo sala e accoglienza. Ma non solo. Ciro si considera oggi un privilegiato e ha deciso di offrire ai meno fortunati la possibilità di trovare lavoro. Infatti, Ciro ha insegnato l’arte della pizza ai detenuti del carcere Canton Mombello di Brescia, grazie a un progetto sviluppato in collaborazione con Luisa Ravagnani, garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Brescia, e sostenuto dalla direttrice del carcere, Francesca Paola Lucrezi. Per alcuni mesi, il pizzaiolo è stato in carcere due volte a settimana, conducendo lezioni teoriche e pratiche sulla preparazione della pizza. Dall’importanza del sale alla temperatura dei forni, passando per i segreti dell’impasto e del pomodoro. Sette detenuti, accusati di reati minori e quindi destinati a scontare un breve periodo di detenzione, hanno partecipato alle lezioni, quaranta ore di un corso professionale. Adesso l’obiettivo di Ciro è creare una rete di pizzerie che li aiutino, assumendoli. Lui stesso ha fatto lavorare per alcuni periodi alcuni di questi detenuti.