Siamo nella morsa della crisi economica da “soli” 7 anni. Soli in confronto a quelli che ancora ci separano dalla vera ripresa che, secondo le notizie che si rincorrono questi giorni sarebbero ben 20. Ci vorrebbero ancora 20 anni prima di poter tirare finalmente un sospiro di sollievo e dire che siamo fuori dalla crisi. Gli italiani sono quindi destinati a dover stringere i denti, oltre alla cinghia, ancora per parecchio tempo.
A diramare la lapidaria sentenza è l’Fmi che, per essere più precisi, annuncia che saranno necessari ancora 20 anni per riportare il tasso di occupazione ai livelli pre-crisi, non è quindi sbagliato sostenere che la crisi finirà tra un ventennio. Il Fondo Monetario ha anche riconosciuto al nostro Paese lo sforzo fatto in questi anni, tuttavia non ha tralasciato di elargire alcune raccomandazioni al Paese tra cui la necessità di varare una riforma dell’amministrazione pubblica. E con il capo del Governo come la mettiamo allora? Tutto questo positivismo, tutti questi punti di ripresa segnalati nemmeno pochi giorni fa dai dati Istat dove sono? Nemmeno quindici giorni fa era stato detto che la disoccupazione nel nostro Paese era in forte calo e che si iniziava a intravvedere un barlume di ripresa. Aria fritta?
Con quale criterio si inneggia alla “ripresina” quando ancora la maggior parte delle famiglie italiane soffre questa infinita crisi? Sarebbe più opportuno valutare la condizione di chi ancora cerca di mantenersi a galla, magari facendo ricorso a dei prestiti come la cessione del quinto Unicredit (dettagli su http://www.spaziomutui.com/cessione-quinto-unicredit.htm) o di altro ente per poter far fronte a tutte le spese che incombono sulle famiglie. Molte di queste hanno ormai passato quella che viene definita soglia di povertà, molte di queste sono finite in un baratro senza fine dove il sacrificio non è rinunciare alla palestra o all’aragosta, il sacrificio è rinunciare al cibo per poter sfamare i bambini. Sembra la storia delle famiglie durante il periodo post bellico, invece è la realtà quotidiana di moltissime e attuali famiglie italiane.
Questo è quello che bisognerebbe spiegare a chi ci governa, ché l’economia non è fatta solo di numeri e calcoli asettici, ma di persone che lottano tutti i giorni per portare il pane in tavola.