NOTO (Siracusa) – “Comunicazione, media, social media contribuiscono “a fare” Chiesa. Potrebbe sembrare una delle tante “frasi fatte” ma credo proprio che oggi, in questo scenario mediale dove non è più scontato distinguere con chiarezza cos è online da cosa non lo è, non esiste occasione più alta che quella comunicativa per capire e fare comunità e quindi esperienza di Chiesa”. Lo ha detto don Alessandro Palermo, esperto in Comunicazione pastorale e pastorale digitale nel corso del seminario di formazione per i giornalisti sul tema: “La Chiesa Mediale. I giornalisti di fronte ai nuovi linguaggi digitali” che si è svolto, venerdì mattina , nell’aula Magna del Seminario Vescovile di Noto. Il seminario, che si inserisce nell’ambito della 51^? Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, è stato organizzato dall’Ucsi Siracusa, dall’Ufficio delle Comunicazioni sociali della Diocesi di Noto, promosso dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, con la collaborazione dell’Assostampa di Siracusa, dall’Ucsi Sicilia e dal settimanale diocesano “La Vita diocesana”. Il seminario è stato inserito nella settimana della comunicazione promossa dalla San Paolo e dalle Paoline. Al corso hanno partecipato il direttore del settimanale “La Vita diocesana” Giuseppe Malandrino, consigliere nazionale della Fisc e il vicedirettore dell’ufficio Comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Siracusa Alessandro Ricupero. Il seminario, moderato dal presidente dell’Ucsi Siracusa Salvatore Di Salvo, consigliere nazionale dell’Ucsi è stato aperto con la relazione del vescovo di Noto S.E.Rev.ma Monsignor Antonio Staglianò, delegato della Cesi per le Comunicazioni sociali e l’intervento di don Alessandro Palermo. “Oggi per fare pastorale, per praticare azioni di evangelizzazione – ha detto don Alessandro Palermo – significa anche attivare e compiere “azioni mediali”, usare i media non semplicemente per trasmettere notizie ma per ascoltare e intercettare le domande delle persone che ogni giorno sono ed esistono realmente nei social network. Ecco perché parlare di Chiesa Mediale non significa fondare una nuova pastorale è uno nuovo capitolo di ecclesiologia, significa invece parlare di umanità. Abbiamo bisogno di Diocesi e parrocchie aperte alla società e quindi appassionate di comunicazione e di umanità. Rimanere chiusi ai processi comunicativi può farci correre il fisico di rimanere assenti in un mondo dove per esserci sembra che occorre avere anche una chiara identità digitale. Un’identità consapevole dei limiti digitali e quindi capace di evitare i rischi di disumanizzazione che possono innescarsi quando viene a mancare un’educazione mediale e una passione al dato umano”. Il vescovo di Noto Monsignor Antonio Staglianò, delegato della Cesi per le comunicazioni sociali, ha sottolineato che la “chiesa non può stare alla finestra”. “Siamo immersi in un impetuoso processo di trasformazione dell’universo comunicativo – ha detto il presule – . La Chiesa non può restare alla finestra ed è chiamata a seguire con attenzione e discernimento questi mutamenti. In questo senso è necessario che si attivino dei percorsi di formazione, per pensare la fede di fronte alle sfide che la rivoluzione digitale pone in essere. A partire dagli anni settanta, con l’impulso dettato dal Concilio, la Chiesa ha avviato un processo di rinnovamento, ponendosi sulle onde dell’evoluzione dei media, con l’affermazione di nuove tecnologie, coniugando gli aspetti della vita ecclesiale con le nuove realtà culturali e sociali, sino all’età contemporanea, soprattutto con l’avvento di Internet, della telefonia mobile, dell’iPod, dei social network, mutando la fisionomia del suo comunicare agli uomini del nostro tempo.
La questione della nostra società sempre più digitalizzata, sempre più on-line, non è solo un fatto culturale, ma eminentemente antropologico: i nuovi media non sono semplicemente strumenti tecnologicamente sofisticati, meri dispositivi tecnici, complessi meccanismi informatici, articolati algoritmi; essi sono invece riflesso dell’uomo, del suo agire. C’è allora un legame tra l’uomo e i media, essi sono prodotti dell’uomo e vanno ricondotti alla dimensione dell’intenzionalità umana. La nostra fede ha a che fare con questa rivoluzione digitale? Non bisogna forse interrogarsi circa una più adeguata riflessione teologica oggi, al tempo della rete? È necessaria e urgente un’intelligenza della fede che sappia intercettare i punti di contatto e di feconda interazione tra la riflessione cristiana e le stimolanti sfide dello sconfinato universo digitale. “Il messaggio per la Giornata Mondiale delle comunicazioni (2017) sembra che riproponga – ha detto il presidente dell’Ucsi di Siracusa Salvatore Di Salvo, consigliere nazionale dell’Ucsi – le stesse coordinate e chiavi di lettura contenute nel primo messaggio per la Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali (1967). Sono ormai passati cinquant’anni e i “mezzi di comunicazione” da massmedia (1967) sono diventati social-media (2017), sono così integrati nella quotidianità delle persone che è diventato quasi impossibile distinguere una comunicazione offline da una comunicazione mediata dalla tecnologia digitale. Forse è arrivato il momento in cui bisogna ripartire da capo, cominciare a convincerci che la comunicazione, che sia mediata o face to face, fondamentalmente è una questione umana”.