Immagine: da sx Arianna Rotondo, mons Maurizio Aliotta, Salvatore Di Salvo, Gianni Borsa, Santo Gallo
SIRACUSA, 11 giugno 2017– Il giornalista esercita un potere che dovrebbe controllare. Può verificare, sollecitare, stuzzicare chi ha potere e per fare ciò bisogna avere una preparazione culturale come formazione permanente”. Lo ha detto Gianni Borsa, giornalista dell’Agenzia Sir, venerdì sera durante il seminario per la formazione dei giornalisti che si è svolto nel Salone “Mons. Ettore Baranzini” della Basilica Santuario Madonna delle Lacrime a Siracusa sul tema “La solitudine del Potere. La solitudine e la comunicazione del giornalista quando è scomodo ai poteri”. L’incontro è stato organizzato dall’Ucsi Siracusa e dall’Ufficio della Pastorale delle Comunicazioni sociali e Cultura dell’Arcidiocesi di Siracusa è inserito nel programma delle celebrazioni della 51^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali che è stata celebrata domenica 28 maggio 2017. Il seminario è stato promosso dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, dall’Assostampa di Siracusa, da Ucsi Sicilia. Il seminario è stato aperto con i saluti del direttore dell’Ufficio della Pastorale delle comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Siracusa Mons. Maurizio Aliotta e dal presidente dell’Ucsi di Siracusa Salvatore Di Salvo. Poi la relazione della prof.ssa Arianna Rotondo, ricercatore del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università degli Studi di Catania, che ha dato la rilettura della tragedia “I Sette contro Tebe” facendo emergere la solitudine del potere”. “Come stabilire – ha detto Gianni Borsa, giornalista dell’Agenzia Sir – un equilibrato rapporto tra potere o poteri e informazione? Come salvaguardare compiti e specificità di entrambi senza corti circuiti, sovrapposizioni viziate e viziose, senza influenze reciproche e devianti, evitando atteggiamenti di sussiego, di dileggio, di falsità o di manipolazione del reale? Ritengo che racconto del reale e correttezza dell’informazione siano esercizi di costante e rinnovato “equilibrio”; ma la verità, con la V maiuscola, non è il campo del giornalismo – così come non lo è la politica, che è il campo dell’opinabile, del confronto, delle diverse opzioni di governo dinanzi a situazioni diverse. Il giornalismo è, piuttosto, realtà raccontata attraverso un filtro costituito dalla persona che è anche giornalista e dallo strumento e sono i media, a loro volta portatori di un bagaglio culturale, personale, o di interessi che tendono a rileggere e riprodurre il reale secondo specifici e differenti “occhiali”. Ovvero, se due giornalisti assistono un fatto o commentano un evento lo faranno ciascuno a suo modo e con esiti diversi, discostandosi un poco o molto o moltissimo dalla realtà. Un corollario è semmai legato alla crescente e mortifera omologazione dei media, per cui – grazie a verifiche e scambi previ di informazioni e pareri – due o più giornalisti raccontano lo stesso fatto più o meno allo stesso modo per pararsi le spalle da interpretazioni discordanti rispetto alla maggioranza dei media o per ottenere un certo obiettivo politico o economico, o sociale o sportivo. Il giornalista non si piegherà al potere se il suo impegno, da rinnovare costantemente, di fare del mestiere del giornalista una opportunità per scovare e raccontare, ovunque e ogni volta che è possibile, il bene, il bello, il buono di una circostanza, di un fatto, di una persona. Tutto questo sarà possibile se il giornalista ha una dipendenza economica con un contratto per non essere ricattabili, né dentro né fuori dal giornale”.