Milano, 7 febbraio 2019– Nella primavera del 1986, quando entrai nella redazione milanese del Corriere della sera , venni affidato alle cure di Dino Tedesco, uno scoppiettante giornalista brindisino (era nato il 24 settembre 1933) che ieri purtroppo ci ha lasciati dopo tre lunghi anni di quella malattia che ti ruba la memoria. Proprio a lui, che citava testi teatrali, battute dei film grandi e minori, versi di canzoni, senza sbagliare una virgola. Dino Tedesco era stato chiamato in via Solferino dal capocronista Arnaldo Giuliani, «il principe della nera», d’ accordo con il direttore Piero Ostellino, per svecchiare le pagine locali del giornale. Gli avevano affidato la sezione «Dentro Milano», che poi si sarebbe chiamata «Modi e Mode». Tutto ciò che non era politica o cronaca nera, quindi spettacolo, intrattenimento, tempo libero, tendenze (erano gli anni della Milano da bere e dei paninari) finiva nelle sue pagine. Ostellino e Giuliani avevano scelto Tedesco non soltanto perché nel 1972 aveva vinto il premio Saint Vincent per la sezione costume, ma anche perché a Milano si era fatto notare per le cronache di spettacolo e costume sul il Giorno , per le collaborazioni con Musica Jazz di Arrigo Polillo e per l’ ottima prova data come caporedattore del settimanale T v Sorrisi e Canzoni diretto da Gigi Vesigna. Dino Tedesco apparteneva a un’ epoca eroica del giornalismo, mestieraccio cui era approdato come redattore della Gazzetta del popolo di Torino dopo una collaborazione con il Teatro Stabile della città. Si era poi trasferito a Milano, dove aveva lavorato nei periodici del gruppo Fabbri. Quando la mattina arrivavi in redazione lui era già lì che aveva letto tutti i giornali ed era pronto ad affidarti tre o quattro incarichi: scrivere delle notizie in breve, aiutare a impaginare e titolare e la sera preparare un servizio per il giorno dopo. Lui magari faceva il doppio, sempre con gli occhi sorridenti dietro le lenti spesse e pronto a raccontarti un aneddoto su Pippo Baudo, Al Bano o Mario Tessuto, ma anche su Giorgio Strehler, Carmelo Bene e Dario Fo. Si considerava un ascensore tra l’ alto e il basso della cultura, senza snobismi. Ogni estate tornava nella sua Brindisi. Legatissimo alle origini, ha lasciato un libro di poesie in dialetto, «Muddiculi» (briciole) cui teneva moltissimo. Amava il giornalismo ma soprattutto la sua famiglia: la moglie Silvana e le tre figlie, Antonella, Simona, direttrice di Dove , e Silvia, art director nel gruppo Cairo. Andò in pensione nel 1998 e sino al compimento degli ottant’ anni si è goduto la vita viaggiando per il mondo con la sua Silvana.
Fonte: Il Notiziario (in 15 capitoli), curato da Franco Abruzzo/portavoce del MIL