La nuova mappa del terrore, non solo Isis

Non solo Francia, Siria ed Iraq. La mappa del terrore si sta espandendo formando dei territori indefiniti e non-Stati dalle caratteristiche comuni.

È qui che si formano i nuovi terroristi che minacciano l’Occidente. Oltre all’Is – tra Siria ed Iraq – di cui abbiamo spesso parlato vi sono altri gruppi la cui influenza è in aumento. Aqim, ad esempio, una sorta di Al Qaeda nel Maghreb islamico è attiva nei paesi dell’Africa sahariana. Formata da elementi irriducibili che presero parte alla guerra civile algerina degli anni Novanta, la sua estensione va dai confini sud dell’Algeria al Mali, al Niger e lambisce l’area occidentale della Libia. Rimanendo in Africa, ma più a sud, è Boko Haram l’altra organizzazione del terrore che, proprio in questi giorni, ha compiuto l’ennesimo eccidio di innocenti in Nigeria. Anche qui l’obiettivo è quello di creare uno Stato islamico. In Somalia, da tempo, Al Shabaab semina il panico in un paese allo stremo e senza leadership politica, così come nello Yemen – e siamo nella penisola araba – Aqap (Al Qaeda locale) si è accaparrata ampi territori al confine con l’Arabia Saudita e l’Oman. Afghanistan e Pakistan sono terre di Af-Pak (in particolare la line di confine tra i due paesi) e in Malesia, Indonesia, Filippine e Tailandia vige Jamaah Islamiyah.

Attraversando queste frontiere – mobili e del tutto nuove – ci si rende conto di quanto la geografia sia cambiata. Gli Stati dei vecchi raìs spesso non esistono, di fatto, più e una nuova economia addestra giovani e meno giovani nei campi dell’orrore in Sira e nello Yemen. L’Europa confina con un nuovo mondo di cui si conosce ben poco e che, naturalmente, sfugge al suo controllo.
Un mondo fatto di ampie zone grigie ma che dista solo 500 metri, si avete letto bene, dalla frontiera turca – paese NATO – che in questi ultimi mesi ha avuto un ruolo non certo marginale nella lotta contro i terroristi dell’Is. Un ruolo ambivalente e poco chiaro, direi, anche se il premier di Ankara si è affrettato a portare l’abbraccio della Turchia ad Hollande nel corso della marcia per la pace di domenica scorsa…

Il cielo sopra Kobane, città attaccata dalle truppe del Califfato nero, è spesso solcato dagli aerei della coalizione internazionale guidata dagli USA ma a terra sono gli islamisti che tengono sotto controllo la frontiera. Lungo questa frontiera turco-siriana corrono 911 chilometri che l’Occidente non riesce a controllare, nonostante Ankara affermi di non armare i ribelli siriani, i combattenti jihadisti sostengono di ricevere finanziamenti da ricchi siriani o arabi delle petromonarchie del Golfo, con la complicità turca.

Dimentichiamo dunque il vecchio Medio Oriente- zeppo di raìs e sceicchi spesso assurti al potere grazie ai paesi occidentali – e prendiamo atto della nuova realtà di territori indefiniti (per noi) che si stanno saldando attraverso visioni religiose distorte e obiettivi politici ed economici nuovi. Questo nuovo Mondo ha messo l’Europa nel mirino e come spesso ho scritto “siamo in guerra”. Una guerra scatenata dall’attentato alle Torri di New York, una guerra che si svolge in “capitoli” e che era stata ampiamente profetizzata da alcuni grandi strateghi americani, penso a Samuel Huntington.

Una guerra diversa, certo, di complessa interpretazione che noi occidentali abbiamo fomentato con le nostre missioni in Iraq e in Afghanistan, perdendo e lasciando spazio ai “califfati del terrore”. Adesso eccoci qui, impotenti e impauriti come forse mai nella nostra millenaria storia.

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