Le maggiori questioni sono le migrazioni, il clima,l’occupazione e la crescita. A parole tutti convengono ma di fatto si accumulano crescenti tensioni egoistiche a difesa di interessi nazionali nel timore di stravolgimenti per l’arrivo sconsiderato di migranti che si teme imbarbariscano la vita delle nostre società, sottraendo lavoro e abitazioni ai nostri connazionali. E’ su questo terreno, insieme alla fondamentale battaglia sul clima, che si gioca la qualità della vita e il futuro del pianeta. In questa luce le pesanti scaramucce tra Roma e Bruxelles assumono un carattere meno preoccupante, aldilà dei toni bellicosi usati da palazzo Chigi. La bandiera europea è tornata velocemente al suo posto, altrimenti incomprensibile da parte di un paese fondatore dell’Europa e che solo dal rilancio europeo, anche nella sua fondamentale dimensione europea-mediterranea può sperare in ulteriori sviluppi e prospettive di crescita e un ruolo nei nuovi equilibri mondiali che vanno faticosamente delineandosi.
Il “tifone” Trump preannuncia sconquassi in varie direzioni, ma si trova anche alle prese con le difficoltà per la formazione del governo : tra problemi familiari, amicizie di una vita, spinte e sollecitazioni forti da parte di repubblicani, partito e congresso. Preoccupa in ogni caso la trascuratezza verso l’Europa e la precedenza assoluta concessa al leader della Brexit, Farage, all’invito alla Casa Bianca già formulato alla premier May.
A Berlino la Merkel e Obama hanno ribadito l’intangibilità dei rapporti Usa-Europa , anche se il presidente americano dal 20 gennaio sarà Ronald Trump e il rapporto con il russo Putin sembra l’interesse principale. Le politiche economiche e commerciali, il finanziamento e la strategia della Nato, la sfida delle emergenze climatiche, saranno tutti da riesaminare e ridiscutere.
In Italia, come inevitabile, tutto ruota intorno al referendum infinito e aspro come non mai. Tutte le previsioni – per quello che valgono – danno vincente il “no”. Il segretario-presidente abbozza minacciose ipotesi annunciando per il dopo la sua contrarietà a governi tecnici o governicchi, come li chiama non senza un qualche disprezzo. C’è sempre il rischio di sopravvalutare il proprio ruolo, cedendo in qualche modo a suggestioni di grandezza e di autoreferenzialità misurata, apprezzabili però solo dalla Boschi e dal sottosegretario Lotti. Questa volta però neppure l’onorevole Cuperlo si direbbe d’accordo.