Non c’erano ancora i dati del Viminale e già palazzo Chigi annunciava la conferenza stampa del presidente del Consiglio, che dopo pochi minuti si presentava alle telecamere.
Un discorso forte e teso col riconoscimento della sconfitta insieme all’orgoglio per la battaglia compiuta, assumendosi in toto la personale responsabilità. Nessuna traccia di lettura critica del perché tanta parte di cittadini, specie giovani, aveva respinto la riforma presentata in lungo ed in largo senza risparmio di mezzi e di ossessive e petulanti presenze televisive, come la strada maestra per il rinnovamento, l’efficienza, la stabilità e la modernizzazione del paese. Un decisionismo palingenetico per ridurre senatori, costo della politica e finalmente sprechi,eccessi delle regioni. Tutto ricondotto nella sfera del governo, nella prospettiva di un solo uomo al comando. Ma gli elettori hanno detto inequivocabilmente No, non solo perché in disaccordo con la riforma, ma anche perché hanno accettato la sfida di Renzi “o vince il Si o lascio la politica”.
Si è esasperata così, fin dall’inizio, la politicizzazione e personalizzazione del referendum, quasi una lotta campale che ha spinto gli elettori a recarsi alle urne ancora più che si trattasse di elezioni politiche generali, occasione preziosa per esprimere scontento, protesta e forte insoddisfazione verso Renzi. Anche perché l’approccio del presidente del Consiglio si è costantemente caratterizzato da un eccesso di supervalutazione dei modesti risultati ottenuti, mentre famiglie, imprese, giovani e lavoro versano in condizioni di grande difficoltà senza prospettive rassicuranti. Anche tutto questo ha pesato grandemente nel voto di domenica e continuerà a pesare per il futuro. Con l’uscita di scena ( non si sa ancora se anche da segretario del Pd) si apre una nuova fase delicata e difficile. In modo inusuale il presidente Mattarella ha parlato di grande maturità del popolo italiano e di solidità della nostra democrazia, ricordando il dovere di assolvere agli adempimenti istituzionali a cominciare dall’approvazione della legge di bilancio e del doveroso senso di responsabilità e di rispetto reciproco. Questa dichiarazione formulata a commento del voto veniva seguita da un nuovo intervento del presidente Mattarella dopo l’incontro serale col capo del Governo che gli rassegnava le dimissioni. Il presidente della Repubblica ha chiesto a Renzi di congelare le sue dimissioni per consentire l’approvazione definitiva della legge di stabilità evitando il rischio dell’esercizio provvisorio. La scelta dì Renzi alla direzione di mercoledì del suo partito è l’altro passaggio importante per comprendere come intende muoversi il partito di maggioranza con i suoi complessi problemi interni. Incombe anche l’impegno per il superamento dell’italicum ed i rapporti con le altre forze politiche parlamentari, mentre Grillo e Salvini chiedono di votare il prima possibile. Un bel quadro di questioni impegnative rispetto alle quali il Pd non può ritirarsi sotto la tenda e limitarsi ad aspettare le proposte altrui. I doveri verso il paese vanno assunti per intero, specie se si è forza maggioritaria con le enormi responsabilità che comporta.
(5 dicembre 2016)