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Medioriente, Siria nordoccidentale, provincia di Idlib, villaggio di Khan Shaykhun: l’inferno. Molti di noi non hanno mai sentito pronunciare il nome di questa località, molti di noi semplicemente non ci fanno caso anche, e probabilmente, a causa delle notizie incessanti che da giorni, mesi, anni arrivano da una regione sconquassata da una guerra che non ha più fine. Ci siamo abituati all’orrore? Forse, probabilmente lo percepiamo lontano dal “nostro mondo” ormai fuori dalla realtà. Realtà che però dista poche migliaia di chilometri dai nostri sfavillanti centri commerciali e dalle luci – sempre accese – delle nostre metropoli. Realtà che è lì, dietro l’angolo e che ci riporta ogni giorno immagini di massacri senza senso ai limiti ormai dell’orrore più assoluto.
La data di ieri, in qualche modo, rimarrà più presente nelle menti e nei cuori di decine di migliaia di occidentali che oggi, come accade già da un po’, iniziano a vergognarsi per un qualcosa che –analisti e politologi a parte – faticano a comprendere, decifrare, capire. I raid aerei ordinati dal regime di Assadcontro i ribelli (oltre ai qaedisti di Fatah al Sham) hanno portato alla morte 74 persone e oltre 557 feriti, restando agli ultimi aggiornamenti della giornata di oggi. Tra questi morti – di cui il numero secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani è destinato a salire – ci sarebbero parecchi bambini e, cosa ancor più drammatica, si è parlato ieri dell’uso di armi chimiche e gas tossici.
Damasco ha subito preso le distanze da quest’ipotesi smentendo l’utilizzo di armi chimiche e punta il dito contro l’opposizione accusandola di voler ottenere tramite i media ciò che non è riuscita a raggiungere sul terreno. Schermaglie dialettiche in un paese che è ormai un inferno in Terra, dove continuano a morire bambini e donne, civili e innocenti. Per questo motivo oggi quella parte di occidente che ha preso, forse, coscienza della vergogna di cui è “complice” ha presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Stati Uniti, Francia e Inghilterra) una proposta di risoluzione che condanna l’attacco chimico compiuto ieri nella provincia siriana di Iblib. L’assise si riunirà oggi alle 10 (le 16 in Italia) ma già da Mosca arrivano le prime dichiarazioni che definiscono “provocatorie” le accuse mosse dai tre paesi occidentali. Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, oggi a Bruxelles è stato duro nel condannare l’azione militare di Assad: “Quell’attacco chimico è stato un crimine di guerra e una risoluzione di condanna può fare pressione sulle parti in conflitto e sui paesi che hanno influenza su di loro”. Dello stesso avviso anche la Nato e l’Europa attraverso le parole dell’Alto rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini che ha dichiarato: “Quello che abbiamo visto ci ha terrificato, le orribili immagini dell’attacco chimico di ieri in Siria ci ricordano le nostre responsabilità”.
Responsabilità che ci riportano alle riflessioni di partenza. Per quanto gli Stati Uniti si sforzino di estendere la responsabilità anche alla Russia e all’Iran – paesi che ora dovranno evitare che il presidente Bashar al Assad compia altri attacchi di questo genere – è chiaro che l’occidente deve, a questo punto, fare un bagno di umiltà e prendere coscienza della vergogna che atti come questo suscitano. Nell’epoca dei social network e dell’informazione h24 le notizie e le immagini sono fruibili a tutti in poco tempo: il presente è già passato ma soprattutto non si può celare. È chiaro come oggi sia definitivamente naufragata l’idea di poter “esportare la democrazia” nei paesi arabi, senza entrare nel merito di quanto fosse giusta o sbagliata. Sedici anni dopo l’arrivo degli Stati Uniti in Afghanistan e quattordici dopo l’invasione dell’Iraq cosa rimane? Macerie. Macerie che sono cresciute cullando l’ennesima illusione di poter cambiare quei regimi cavalcando l’onda delle “primavere democratiche” che, stando al presente, hanno creato altri “mostri” come Daesh.
In buona sostanza abbiamo e stiamo assistendo a regole di pacifica convenienza tra l’occidente e alcuni regimi – di certo non democratici – se il dittatore di turno fa gli interessi delle nazioni occidentali l’assenza di democrazia, di diritti civili e di legittimità politica saranno – in buona parte – ignorati e quei signori saranno visti come amici e grandi statisti. Il caso citato da buona parte della stampa è ad esempio quello di Al-Sisi – capo dello Stato egiziano – che salito al potere manu militari è stato ricevuto recentemente da Trump alla Casa Bianca dalla quale Obama lo aveva sempre escluso. Anche BasharAssad a Damasco gode dell’appoggio totale di Vladimir Putin che, data la situazione, rende il despota siriano “intoccabile” a meno di non voler scontrarsi direttamente con Mosca. Finché l’occidente non romperà questo muro di convenienza – che ha importanti risvolti economici – ci saranno altri crimini di guerra, altre vittime innocenti, altro silenzio strategico da parte di chi ha la coscienza sporca.