Ci risiamo. Sono trascorsi più di cinque mesi da quando, il 20 gennaio 2017, “The Donald” è diventato il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Tra decine di provvedimenti firmati, molti dei quali fondamentali per gli Stati Uniti, ordini esecutivi, memorandum e proclami Trump fa ancora discutere per la sua condotta.
Le immagini diffuse ieri hanno fatto il giro del mondo, il presidente americano si è scagliato duramente contro la CNN su Twitter – FraudNewsCnn #FNN – attraverso immagini di repertorio risalenti al 2007 quando Trump fece finta di mettere koVineMcMahon, Ceo della World Wrestling Entertainment WWE. Il video è stato modificato ad arte inserendo il logo della CNN sul volto dell’uomo colpito ripetutamente. È la prima volta che Trump pubblica un video sul suo account Twitter (si tratta di un gif, un’immagine animata) e “inventa” l’acronimo FNN, con evidente riferimento a “Fraud News”, notizie truffa.
Le reazioni? Parecchie. Su tutte quella della CNN “È un giorno triste quando il presidente degli Stati Uniti incoraggia la violenza contro i reporter” che aggiunge “Invece di prepararsi per il prossimo viaggio in Europa e l’incontro con Putin assume atteggiamenti infantili non all’altezza del suo ruolo. Noi continueremo a fare il nostro lavoro. Lui dovrebbe cominciare a fare il suo”. Bomba mediatica. L’ennesima. Trump poi è tornato a twittare “I media disonesti non ci impediranno MAI di raggiungere i nostri obiettivi per contro del GRANDE POPOLO AMERICANO!#AmericaFirst”. Slogan ormai di battaglia del neo presidente statunitense. La leader della minoranza democratica Nancy Pelosi si schiera quindi a favore della stampa e dichiara di non essere d’accordo sull’utilizzo di immagini violente per “vessare la stampa”, mentre il direttore del New York Times Dean Baquet ha definito “indecoroso” l’ennesima uscita di Donald Trump. Insomma, condanne un po’ da tutte le parti per un presidente che ad oggi ha fatto molto per far parlare di sé.
Sempre ieri il noto astronauta Buzz Aldrin, secondo uomo ad aver messo piede sulla Luna nel corso della missione dell’Apollo 11, con un’alzata di sopracciglio abbastanza evidente ha manifestato il suo disappunto circa le parole del presidente Trump che, nell’ambito di una conferenza alla Casa Bianca, ha comunicato il ripristino del Consiglio nazionale per lo spazio creato da George Bush senior nel 1989 e poi cancellato nel 1993. Trump ha infatti dichiarato: “In futuro, quando guarderemo indietro, ringrazieremo lo spazio” con la “sicurezza” messa al primo posto e quel ringraziamento generico allo spazio che, forse, poteva includere in modo più specifico gli uomini che l’hanno esplorato, tra cui appunto Aldrin.
Cinque mesi abbandonanti che hanno stravolto l’immagine degli Stati Uniti, dicevamo. Trump ha dichiarato che ai suoi primi 100 giorni di presidenza darebbe una “A”, il massimo dei voti. I sondaggi però lo classificano come il presidente meno popolare della storia americana.
Ma cosa è cambiato in sostanza in questi primi mesi di presidenza? Quali promesse ha mantenuto il ricco magnate? In politica estera da quando Trump è al poteresi è assistito a un’escalation delle tensioni in Asia, sia per la questione di Taiwan (a causa della quale ha rischiato una crisi diplomatica con la Cina), sia per le frequenti minacce di conflitto con la Corea del Nord. Anche i rapporti con la Russia, che sembravano ottimi durante la lunga campagna elettorale, sono diventati confusi e poco chiari dopo l’attacco chimico nella provincia di Idlib, in Siria, per il quale è stato accusato il governo siriano, sostenuto da Mosca. Dopo l’attacco, ricordiamo,Trump ha ordinato raid missilistici in Siria.
Successivamente gli Stati Uniti hanno lanciato per la prima volta un’arma conosciuta come la “madre di tutte le bombe” (Moab) in Afghanistan, puntando a colpire i miliziani dell’Isis. Decisione che manifesta– semmai ce ne fosse stato bisogno – la volontà di Washington di essere attore primario nella crisi mediorientale.
I trattati internazionali. Trump ha mantenuto la linea illustrata nel corso della campagna elettorale e già nei primi giorni del suo mandato ha ritirato gli Usa dal Ttp (Trattato commerciale transpacifico), con polemiche e dibattiti mai del tutto sopiti. Poi il controverso MuslimBan – tema immigrazione – che poneva limitazioni al programma di accoglienza per rifugiati negli Stati Uniti e vietava l’ingresso nel paese ai cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana. Il provvedimento, bloccato dai giudici, è stato in sostanza ripristinato con un nuovo ordine esecutivo ai primi di marzo. Anche in questo caso si è aperta una controversia davanti ai tribunali. L’amministrazione Trump ha avviato il fascicolo per la revisione dei visti per stranieri, cosa che renderà sempre più difficile anche per gli italiani laureati o specializzati lavorare negli Stati Uniti, mentre secondo i dati pubblicati dal Washington Post, gli arresti di immigrati irregolari sono aumentati del 32.6 per cento nei primi 45 giorni della presidenza Trump, mentre i fermi al confine sono scesi.
La sconfitta più bruciante per il nuovo presidente è arrivata sull’obiettivo strombazzato di cancellare l’Obama Care, riforma che eliminava l’obbligatorietà dell’assicurazione sanitaria poi ritirata dal Congresso. I parlamentari più conservatori, infatti, si sono rifiutati di dare il via libera. Sul fisco Trump ha presentato un grande piano di riduzione delle tasse – possiamo dirlo –forse il più grande della storia degli Stati Uniti. Tra le misure previste: taglio dal 35 al 15 per cento delle imposte sul reddito d’impresa, riduzione da sette a tre delle fasce di reddito e cancellazione della tassa sulla successione.
Infine il piatto più gustoso: il famoso e tanto sbandierato “muro al confine con il Messico”. Durante la campagna elettorale, Trump infatti ne aveva fatto un tema centrale. Come sono andate poi le cose? Nei primi giorni alla guida degli Usa Trump si è scontrato con il presidente messicano Enrique PeñaNieto che si è rifiutato di pagarne il completamento. Poi l’amministrazione Trump ha avanzato la proposta di finanziare il muro tramite l’aumento dei dazi: una possibilità scartata perché si sarebbe addossata sui consumatori. In seguito, Trump ha pensato di inserire il finanziamento per il muro nella legge di bilancio (si tratta di circa 21,6 miliardi). Anche stavolta il Congresso ha rifiutato. Sarà una “calda estate”? Pare proprio di sì.