Immagine: Nuccio Fava
L’affronto verso l’Italia ha raggiunto il punto più alto con la nazionalizzazione della cantieristica francese, definita all’ultimo minuto “strategica e di interesse nazionale” con lo scopo evidente di bloccare l’avvenuto acquisto da parte di Fincantieri ai tempi di Hollande senza drammatizzazione. Il nuovo presidente (risultato di una straordinaria operazione che, apparentemente dal nulla, lo ha portato trionfalmente all’Eliseo, con il sostegno di poteri economici e finanziari certo non improvvisamente spariti dalla scena) si ritiene in qualche modo il protagonista principale di una nuova Francia da ricostruire dall’interno, ma anche sul piano internazionale. La caratterizzazione, fortemente europeista della campagna elettorale, la pretesa di ristabilire lo storico asse franco-tedesco e in certa misura anche con l’Italia, sono stati contraddetti dall’enfasi con cui è stata celebrata la visita di Trump a Parigi in occasione della festa nazionale del 14 luglio, accoppiata al forte discorso di Nizza contro il terrorismo, e la ribadita fermezza per assicurare sicurezza ai cittadini.
Nello stesso tempo si è spinto anche a promuovere una iniziativa sulla Libia all’insaputa dell’Italia da sempre impegnata nel difficile tentativo di pacificazione e di controllo dei devastanti flussi migratori in collaborazione con le autorità libiche e la sempre rinnovata richiesta di impegno solidale dell’Europa. Collaborazione nei fatti sempre purtroppo negata, pur essendo evidente l’impossibilità oltre all’ingiustizia, di accollare ad un solo paese la responsabilità di far fronte a sbarchi sempre più numerosi, con anche il rischio di possibili intrecci eventuali con terrorismo e fenomeni criminali. I ministri Padoan e Calenda su Fincantieri hanno subito risposto nel modo più severo al governo francese e certo non è bastata la telefonata di cortesia di Macron al nostro presidente del Consiglio per alleggerire sconcerto e tensione. L’Italia deve mantenere fermo il dissenso ed il contrasto riproponendo la propria strategia di intelligente prospettiva, capace di rilanciare la questione decisiva del futuro dell’Europa che tornerà centrale dopo le elezioni in Germania. Non è detto che non si aprano nuove opportunità per un rilancio finalmente riformatore dell’intera Europa, istituzionale e politico, con una Germania più sensibile alle posizioni dell’Italia che al protagonismo di Macron capace di predicare bene a parole ma che razzola malissimo nei comportamenti.