Nuccio Fava già direttore Rai del TG1 e TG3 (Photo credit Paese Italia press)
Nei secoli Camaldoli è stato un centro di spiritualità e di significativa lettura dei segni dei tempi, ben prima che la formula giovannea venisse catalogata come capacità di comprensione dei profondi mutamenti storici, della loro correlazione tra divino e umano, tra dimensione religiosa e laica, in uno spazio comune intrecciato in un percorso di crescita e di liberazione.
I cattolici non possono stare a guardare. Certe reazioni scomposte e strumentali alla tragedia di Genova, la deresponsabilizzazione del governo che scarica tutto sulle colpe dei precedenti governanti e dell’Europa, specie in tema dei migranti, vissuto essenzialmente come problema di polizia e di chiusura dei porti, l’inadeguatezza dell’azione politica prevalentemente muscolare e rivendicativa, con atteggiamenti addirittura duceschi nei confronti dell’UE, tutto questo rischia di provocare una crisi non solo politica ma anche istituzionale nei rapporti con la stessa Presidenza della Repubblica. Da ultimo il dramma dei migranti blocati per giorni nel porto di Catania a bordo di una nave militare italiana che dovrebbe non rispondere al ministro dell’Interno ma della Difesa. Tutto questo a pochi giorni dalle aspre controversie, mai cessate, dopo il disastro di Genova con ipotesi fantasiose sul futuro del nostro sistema autostradale e i suoi costi. Non si tratta di misurarsi con un sacrosanto cambio di maggioranza deciso dagli elettori ma ad un mutamento se non stravolgimento del nostro sistema politico parlamentare e il complessivo funzionamento nella cooperazione e collaborazione tra le diverse istituzioni. Del resto lo stesso capo leghista è il responsabile principale del blocco di tutta la vicenda RAI per l’ostinazione di un capo partito che vuole ad ogni costo un suo uomo al vertice di quella che dovrebbe essere azienda pubblica di informazione, cultura e spettacolo, con capacità di autonomia e indipendenza, di pluralismo, di rispetto sostanziale di tutte le posizioni ideali e civili presenti nella società italiana. Le grandi difficoltà del funzionamento delle democrazie pluraliste e liberali non riguardano solamente l’Italia né possono essere genericamente liquidate come sopravvento dei populismi. C’è in atto una tensione sovranista che in modo irreversibile appare vincente nella stessa storia degli Stati Uniti con la presidenza Trump, lanciato in una guerra di arroccamento senza precedenti e sfociata nella guerra commerciale dei dazi, destinata a conseguenze drammatiche per il mondo intero.
Nella bellezza di questo antico monastero di Camaldoli, sotto le sue volte, negli spazi sacri e nei suoi chiostri sono passati migliaia di giovani e di adulti, della FUCI e del MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), non come semplici pellegrini o viandanti alla ricerca della bellezza e del silenzio. Pellegrini alla ricerca di senso, bisognosi di una sosta religiosa e culturale per comprendere meglio le sfide del proprio tempo e meditare risposte. In comunione con tutti gli altri uomini in ricerca, vicini e lontani, bisognosi di speranza e di valori di vita. La presente stagione è fin troppo occupata da paura e da angosce, da preoccupazioni severe per il futuro anche della Chiesa e di tante comunità ed esperienze diffuse, talvolta forse smarrite e prive di un collegamento significativo che costruisce la Chiesa, vera “ecclesia”, comunità orante e operante per il bene comune. Lo ripete di continuo Papa Francesco, come i suoi predecessori più recenti, a cominciare da Paolo VI, che dal Concilio Vaticano II esprimono anche preoccupazione per una incompiutezza e insufficienza sempre da colmare e conquistare.
La condizione dell’umanità insieme a non pochi elementi di miglioramento e di speranza offre tuttavia ferite profonde nel suo tessuto di popoli in guerra e alle prese con il dramma della fame e della sete, del mancato rispetto della dignità delle persone, tutte cause e conseguenze della tragedia migratoria, segno misterioso e drammatico di una umanità dolorosamente in cammino, che testimonia l’urgenza di un bisogno d’incontro e di accoglienza fraterno e disponibile al dialogo con l’altro per preparare un mondo più giusto e consapevole.
Su tutto questo a Camaldoli si medita e si riflette a partire dalle Scritture, consapevoli che non deve esserci scissione tra l’annuncio della salvezza e la sua sperimentazione concreta nella vita e nell’impegno di ciascuno.
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Camaldoli in provincia di Arezzo, fondata mille anni fa da san Romualdo, è una comunità di monaci benedettini. Le sue due case, il sacro Eremo e il Monastero, immerse nella pace della foresta, rappresentano due dimensioni fondamentali dell’esperienza monastica, la solitudine e la comunione.