Non si può osservare il Mediterraneo come cartolina o soltanto con visite diplomatiche e istituzionali. Bisogna abitarli. Attraversarli, vivendoli, ascoltandoli. C’è una geografia delle forme, della carta geografica stessa, e delle civiltà. Come una Europa delle potenze e delle culture popolari.
Cosa è il Mediterraneo nella storia delle civiltà? Cosa è mai stato il processo culturale tra civiltà e storia? Come si rappresenta un sistema di valori all’interno dell’incontro tra eredità e identità?
Perché si continua ad insistere sul Mediterraneo come funzione geopolitica? Perché la filosofia del Mediterraneo la si lega alla Grecia e in parte al mondo latino (ovvero tra Omero e Virgilio)? Perché non si ha la conoscenza profonda di quanti Mediterranei, nella geo Mesopotamia, compongono ciò che abbiamo definito Mediterraneo. I Mediterranei inclusivi e quelli che escludono. L’Albania è Mediterraneo nella storicità delle civiltà? Certamente sì se si pensa all’impero romano. Come lo è l’Egitto.
Giovanni Pascoli nel 1911 osservando la questione Libia Cirenaica aveva individuato l’importanza nel mondo moderno e contemporaneo del Nord Africa. Questione che pone le premesse ad una divisione Euro-Occidente e Euro-Oriente.
Abbiamo il vizio di discutere di Mediterraneo come se l’avessimo scoperto, sul piano politico, con Sigonella. Il Mediterraneo è, nella storia moderna, ciò che è stato il Regno di Napoli e prima delle Due Sicilie. Un Mediterraneo delle linee trasversali e non solo economiche e commerciali. È ciò che non è stato Garibaldi e Cavour. È ciò a cui ha creduto Camus e Franco Battiato nei tempi contemporanei.
Lo scontro è tra una politica incapace e inefficiente nell’affrontare la questione mediterranea, che non conosce bene, con i sistemi economici e una questione del Mediterraneo che parte dalla conoscenza identitaria e delle appartenenze antropologiche che poggiano le basi sulle etnie e le occupazioni occidentali.
Certo. È un dato complesso. Chi non ha una formazione filosofica e culturale articolata potrebbe apprendere in un modo che reputa incomprensibile. Incomprensibile perché non si comprendono i sistemi ereditari. Ma se non si parte da ciò che il Mediterraneo ha rappresentato tra la Roma di Cesare e la Persia dei Dervishi è impossibile affrontarlo anche su questioni di economia politica il processo delle divisioni.
La Libia di Gheddafi devastata dagli Occidenti è il risultato di una Europa priva di consapevolezza storica ma con la forza della supponenza occidentale.
La Tunisia della striscia dei Magrebini è l’intreccio tra Islam e cristianità, tra mondo arabo e estremizzazione islamica. Possiamo oggi comprendere cosa accade sulla striscia di Gaza se non si parte dalle fondamenta delle civiltà pre storiche e post moderne? Dalla realtà ebraica errante e dallo scontro sionista?
Certo la storia non finisce. Ma si è smesso di comprendere che c’è una pre storia che molti mon conoscono. Oggi ci sono identità che appartengono alla pre storia. Ci sono etnie che hanno dato vita a popoli e civiltà. Il Mediterraneo è un attraversamento. L’ Europa stessa è una somma di etnie con supremazie.
Le due grandi guerre di questi mesi cosa sono? Un conflitto tra un Occidente meta Oriente, tra Europa e Asia e un Mediterraneo spaccato dall’Occidente che tenta di inglobare storie che non gli appartengono.
Italo Balbo e Nello Quilici sono morti perché sorvolavano un Mediterraneo che si voleva solo Occidente non riconoscendo una eredità agli Orienti. La questione Mattei è si una questione petrolifera ma cosa ci sta dietro. Un Mediterraneo diviso tra storia e consacrazione identitaria.
Una volta si diceva che siamo figli del destino mediterraneo. Oggi siamo vittime delle ideologie del mercato. E il Mediterraneo? Quale politica estera può avere l’Italia? l’Europa? Nessuna. Tranne quella affiliata al potere occidentale. Poi possiamo discutere di tutto. Ma il Mediterraneo si comprende e lo si conosce. Diceva una filosofa spagnola Maria Zambrano che l’agonia dell’Europa è nel non aver mai capito il vero dei Mediterranei. È così anche in questo tempo..
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Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Presidente Commissione Conferimento del titolo “Capitale italiana del Libro 2024“, con decreto del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano del 28 Novembre 2023. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.Archeologo già direttore del Ministero Beni Culturali, Direttore responsabile del Dipartimento Demoetnoantropologico, Direttore Responsabile unico della Biblioteca del Ministero dei Beni Culturali. Membro Commissione Premio Internazionale di Cultura per l’Antropologia presieduta da Luigi Lombardi Satriani, decano dell’antropologia contemporanea Ordinario Sapienza Università di Roma. @riproduzione riservata