I miei nonni di Terranova. Con loro era sempre festa vera

... la dolcezza dell'infanzia per immagini dell'anima che restano vita...

di Pierfranco Bruni

Ora comincia un’altra storia. Teresa e Vincenzo. Della nonna e del nonno di Terranova da Sibari. I genitori di mia madre. Ricordo la dolcezza di quegli anni di infanzia.
Mia madre ha avuto cinque fratelli. Con lei erano dei. Tre donne. Donne di una generosità che mi hanno formato. Da zia Adelina a zia Annina a zietta. Due fratelli: zio Salvatore, un attore alla Rossano Brazzi, a zio Peppino, il più piccolo di tutti.
Mia madre era legatissima alla sua famiglia. Ogni domenica andavamo a Terranova. La vera tenerezza l’ho avuta e capita da loro. La nonna Teresa, donna austera, intelligente e buona impartiva sempre consigli belli. Le ho voluto molto bene. Mia sorella, più di me, è cresciuta quasi quasi con loro e in modo particolare con zietta, ovvero zia Elvira.
Era festa quando andavamo a Terranova. Nonno Vincenzo, uomo umile e sempre con il sorriso di chi ama l’armonia. Quel vicinato è stato importante. Zia Annina aveva un immenso cuore. Non c’era festa che non ci faceva trovare un regalo.
Ho voluto loro molto bene. A tutti. Con loro ho capito soprattutto la campagna. Come si coltiva il grano, come si miete, come si vive la terra. Proprietari terrieri, conoscevano la ricchezza delle zolle.
Posso finalmente dire che a Terranova era sempre festa, quella festa che sa di religiosità e di calore. Ho conosciuto il braciere d’inverno.
La campagna d’estate. Come si arrostisce la salsiccia al caminetto e come ci si racconta intorno al cerchio del braciere. Si formava un vero e proprio cerchio.
Con loro sono rimasto molto devoto a Sant’Antonio di Padova. Terranova ha un maestoso santuario.
Ogni 13 di giugno era la tappa obbligata. La prima fiera l’ho conosciuta a Terranova. Il primo gelato l’ho assaggiato a Terranova. L’estate cominciava a Terranova.
Il 13 giugno coincideva quasi sempre con la consegna della pagella delle scuole elementari. Per regalo la nonna mi offriva il gelato chiamato moretto. Tutto ricoperto di cioccolato e duro. Le bibite in grandi bacinelle calate nel ghiaccio. La preghiera rituale per Sant’Antonio.
Era bello andare a Terranova. La nonna era realmente il capo famiglia. Un matriarcato bello, vero, genuino. Gente di altri tempi. Una donna coraggiosa. Non temeva nulla e profondamente cristiana.
Credo che la religiosità concreta, oltre le eredità dei Bruni Gaudinieri, mi è stata data da nonna Teresa. Quando avevo bisogno di qualcosa che mia madre reputava giustamente superflua, chiedevo alla nonna o a zia Annina che non aveva figli. Sempre venivo accontentato.
Con loro ho conosciuto la bellezza dell’infanzia. L’umiltà, come ho detto, era il loro grande patrimonio. Quando mio padre faceva la vendemmia c’erano tutti a dare una mano.
Ed è il tempo più bello che non è stato mai scalfito da nulla nonostante gli anni attraversati troppo in fretta. Una grandiosa famiglia il cui senso del rispetto proveniva da un mondo contadino.

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I miei nonni di Terranova. Con loro era sempre festa vera

di Pierfranco Bruni, saggista e antropologo17 Agosto 2024

…la dolcezza degli anni di infanzia, il ricordo struggente di  un tempo abitato dall’amore.

Ora comincia un’altra storia. Teresa e Vincenzo. Della nonna e del nonno di Terranova da Sibari. I genitori di mia madre. Ricordo la dolcezza di quegli anni di infanzia.
Mia madre ha avuto cinque fratelli. Con lei erano dei. Tre donne. Donne di una generosità che mi hanno formato. Da zia Adelina a zia Annina a zietta. Due fratelli: zio Salvatore, un attore alla Rossano Brazzi, a zio Peppino, il più piccolo di tutti.
Mia madre era legatissima alla sua famiglia. Ogni domenica andavamo a Terranova. La vera tenerezza l’ho avuta e capita da loro. La nonna Teresa, donna austera, intelligente e buona impartiva sempre consigli belli. Le ho voluto molto bene. Mia sorella, più di me, è cresciuta quasi quasi con loro e in modo particolare con zietta, ovvero zia Elvira.
Era festa quando andavamo a Terranova. Nonno Vincenzo, uomo umile e sempre con il sorriso di chi ama l’armonia. Quel vicinato è stato importante. Zia Annina aveva un immenso cuore. Non c’era festa che non ci faceva trovare un regalo.
Ho voluto loro molto bene. A tutti. Con loro ho capito soprattutto la campagna. Come si coltiva il grano, come si miete, come si vive la terra. Proprietari terrieri, conoscevano la ricchezza delle zolle.
Posso finalmente dire che a Terranova era sempre festa, quella festa che sa di religiosità e di calore. Ho conosciuto il braciere d’inverno.
La campagna d’estate. Come si arrostisce la salsiccia al caminetto e come ci si racconta intorno al cerchio del braciere. Si formava un vero e proprio cerchio.
Con loro sono rimasto molto devoto a Sant’Antonio di Padova. Terranova ha un maestoso santuario.
Ogni 13 di giugno era la tappa obbligata. La prima fiera l’ho conosciuta a Terranova. Il primo gelato l’ho assaggiato a Terranova. L’estate cominciava a Terranova.
Il 13 giugno coincideva quasi sempre con la consegna della pagella delle scuole elementari. Per regalo la nonna mi offriva il gelato chiamato moretto. Tutto ricoperto di cioccolato e duro. Le bibite in grandi bacinelle calate nel ghiaccio. La preghiera rituale per Sant’Antonio.
Era bello andare a Terranova. La nonna era realmente il capo famiglia. Un matriarcato bello, vero, genuino. Gente di altri tempi. Una donna coraggiosa. Non temeva nulla e profondamente cristiana.
Credo che la religiosità concreta, oltre le eredità dei Bruni Gaudinieri, mi è stata data da nonna Teresa. Quando avevo bisogno di qualcosa che mia madre reputava giustamente superflua, chiedevo alla nonna o a zia Annina che non aveva figli. Sempre venivo accontentato.
Con loro ho conosciuto la bellezza dell’infanzia. L’umiltà, come ho detto, era il loro grande patrimonio. Quando mio padre faceva la vendemmia c’erano tutti a dare una mano.
Ed è il tempo più bello che non è stato mai scalfito da nulla nonostante gli anni attraversati troppo in fretta. Una grandiosa famiglia il cui senso del rispetto proveniva da un mondo contadino.

La famiglia Caracciolo Corigliano. Il nonno era Caracciolo. La nonna era Corigliano.
L’immagine non tradisce. La nonna sempre in un vestito scuro. Il nonno sempre con una camicia bianca. Mio padre aveva un immenso rispetto per i nonni.
Mia madre trascorreva lunghe giornate nella casa delle radici. La nonna come tutte le figlie sapeva fare di uncinetto: tutte  molto creative. Pezzi di ricordi che restano vita. In quel tempo c’erano ancora i materassi ripieni con le foglie delle spighe.
Ho ritrovato una vecchia fotografia dei nonni con mia madre e mio padre. I ferragosto con loro. Il periodo della salsa. L’uccisione del maiale. Le salsicce. La soppressata.
Mi hanno voluto molto bene. Lo so bene. Ho voluto loro molto bene.

Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente dellaGiunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024)  direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Mic
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