
Pierfranco Bruni
Trump o Zelensky? Sembra che il dibattito si sia spostato su questo interrogativo che considero molto preoccupante. Non si comprende bene che gioco ci sia in questo “gioco” banale di schieramenti. Piaccia o meno Trump è l’Occidente.
Zelensky rappresenta soltanto una irrisoria fetta di un mondo che è stato sovietico e quindi comunista. Si sa che i comunisti di un tempo che non è mai passato sono diventati prima baudiani (da Biden) e prima ancora Kennedyani, restando sempre comunisti, e ora si scoprono zeleskyani per contrapporsi alla America di Trump. Non accettano che Trump è stato eletto “democraticamente”.
Ma è certo che il concetto di “democrazia” assume un valore sempre diverso nella loro visione piccola incapace di lunghi sguardi e manichea di politica. Come l’essere difensori primi degli Ebrei e oggi anti Israele. Insomma una confusione nella loro contraddizione di restare sempre comunisti o in questo caso anti meloniani. Meloni è la presidente che ha la capacità di essere un Presidente del Consiglio con gli attributi seri e la forza politica di chi sa guardare oltre. Ma veniamo al punto.
Parto da un presupposto. Zelensky è un uomo che ha accettato il conflitto e la sfida con la Russia di Putin altrimenti prima dello scontro si sarebbe mosso diversamente.
È certo che siamo a una crisi terribile tutta interno al mondo occidentale. Complessa, delicata, contradditoria come tutte le crisi. Ma questa volta presenta delle complicanze più drastiche intorno alle Nazioni europee che vivono da anni una situazione di forte precarietà non economica ma identitaria. Sgombriamo subito tutto ciò che sta chiedendo polemiche e scontri.
Gli Stati Uniti d’America sono e restano un punto di riferimento. Al quale bisogna , oltre qualsiasi beneficio d’inventario, dare una ragione storica. I conservatori americani che hanno vinto le recenti elezioni “democraticamente” hanno il diritto e il dovere di avanzare di guidare l’uscita della crisi in sintonia con tutta la realtà europea. Perché ciò? Perché è la Nazione che ha salvato economicamente dal 1945 in poi quelle Nazioni che sono uscite in rovina dal conflitto mondiale. La storia non bisogna dimenticarla e tanto meno negarla.

Dopo la liberazione dal nazismo da parte dell’Armata rossa, cosa sarebbe accaduto se non ci fossero stati gli americani? L’orgoglio occorre metterlo da parte. Questo non significa abbandonare i processi politici europei e tanto meno sradicare le eredità che sono parte integrante di una civiltà.
L’Europa è una civiltà. Ma le civiltà si reggono sulla cultura e sulle economie. Questo è certo. Il dato ideologico non paga mai. Crea polemiche e confusioni. Sul fatto della Ucraina si apre una discussione forte, ma gli ucraini non possono continuare a morire e l’Europa non può permettersi nel continuare a foraggiarla con strumenti da guerrafondai. Bisogna fermare lo stillicidio. Ciò si ferma con gli accordi.
Zelensky ha commesso degli errori di fondo e lo ha commesso ancora una di più ritenendosi vittima nei confronti di Trump.
Noi conosciamo soltanto una parte del dialogo tra i due. Se si è arrivati al punto della rottura non si può dire che le responsabilità sono solo di Trump.
Zelensky è l’uomo in un tempo di guerra. In un contesto di possibile accordi non ha più la visione di guidare la fase di una necessaria pace. Il punto ormai è proprio qui. L’americano ha vinto le elezioni popolari. L’ucraino ha procrastinato “giustamente” le elezioni. Ma ora basta.
Bisogna adottare un metodo per giungere alla pace. Non continuare una guerra persa. Certo in mezzo c’è la Russia di Putin. Ma questo che vuole dire? Gli Stati sono Stati e le guerre qualsiasi sia la causa si ottiene soltanto con un compresso e un accordo. Il Governatore della Ucraina non può permettersi di essere spavaldo e tanto può dettare condizioni.
L’Europa deve riflettere profondamente su tutto un quadro politico che deve vederla come assetto unitario. Non è unitario. Non può perdere ancora credibilità. Ammesso che esista una Europa. Ida Magli decenni fa era stata profetica. L’Europa resta tale solo se ogni Nazione non perde radicamento identitario. Mi auguro che Zelensky si dimetta. Le dimissioni non dovrebbero chiederlo Trump ma l’Europa. Ormai è diventato un inciampo per la pacificazione.
Per raggiungere la pace Zelensky dovrebbe dimettersi in tempi di accordi che superano il conflitto. È diventato un inciampo. L’Europa lo sa ma non vuole ammetterlo. Un Occidente serio lo avrebbe costretto già a dimettersi. Perché?
Perché si tratta e si è trattato finora di una guerra non tra Ucraina e Russia. Altrimenti Zelensky non sarebbe esistito. Bensì tra Europa e l’America di Biden contro la Russia di Putin. Ora deve finire questo tragicomico atteggiamento. Trump fa benissimo a prendere in mano la situazione in un Occidente che ha una Europa senza una visione geopolitica economica culturale identitaria. La posizione dell’Italia è importante. Meloni sa guardare con lungimiranza politica la tradizione di una civiltà che non può perdere la sua storia. I comunisti in Italia nel groviglio delle confusioni partitiche e gruppetti non hanno ben compreso che ormai sono fuori dalla storia.
Comunque è necessario che Zelensky si dimetta.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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