L’impetuoso movimento d’opinione cresciuto dopo la strage di Charleston negli Stati Uniti, oltre all’influenza culturale che i “white supremacist” sembra abbiano avuto sull’assassino Dylann Storn Roof, spinge i conservatori americani del South Carolina a rivedere il loro atteggiamento nei confronti dei simboli e delle organizzazioni sudiste. C’era da aspettarselo.
I riferimenti, legittimi per la costituzione, a retaggi storici supportati dalla libera circolazione delle idee stanno diventando terreno di coltura per il fanatismo e l’odio razziale. Diversi leader repubblicani come la governatrice Nikki Haley e il candidato alla Casa Bianca Lindsay Graham hanno fatto marcia indietro e ieri, nel corso di una conferenza stampa presso il parlamento statale di Columbia, hanno chiesto ai parlamentari della South Carolina di votare la rinuncia ad esporre pubblicamente la bandiera confederata, simbolo dei secessionisti del Sud durante la Guerra civile americana.
Anche dal colosso commerciale Wal-Mart è arrivato un segnale in tal senso con l’annuncio della rimozione da tutti i suoi negozi e dal sito web ufficiale dei prodotti che riproducono la bandiera confederata. Ormai è una questione nazionale.
Un’inchiesta del Guardian, giornale britannico, ha scoperto che il Council of Conservative Citizens (il gruppo tacciato di diffondere teorie sulla superiorità della razza bianca) ha finanziato negli anni scorsi diversi membri del partito repubblicano, compresi tre candidati alla White House versando loro quasi 65mila dollari.
Se confermata la notizia getterebbe un’ombra sulle prossime elezioni che a questo punto non potranno non trattare lo spinoso argomento. Sull’inchiesta del Guardian il senatore del Texas Ted Cruz ha fatto subito sapere che restituirà gli 8.500 dollari ricevuti dall’organizzazione guidata da Earl Holt III, anche lui texano.
Intanto Barack Obama venerdì prossimo sarà a Charleston per i funerali e sulla questione ha dichiarato in modo lapidario: “Non siamo ancora guariti”.