La scia di sangue e morte provocata dall’Is è ormai un fatto quotidiano e nelle redazioni si attende ormai quotidianamente un proclama terroristico che annuncia o rivendica con compiacimento e sfida l’ultima impresa dei professionisti del fondamentalismo islamico. L’ultima tragedia di Giacarta segue quella di Parigi e Istanbul che rappresentano se così si può dire il modello di riferimento e una sorta di avvertimento per i diversi paesi che il cosiddetto stato islamico intende colpire. I bersagli più grossi provocano giustamente reazioni e sdegno accompagnati da dichiarazioni severe e solenni che prospettano la volontà di opporsi con ogni energia per non dare tregua ai terroristi. Restano purtroppo in ombra i tanti orrori compiuti quotidianamente sulle popolazioni di Iraq e Siria. Crescono a dismisura insieme alle tante vittime, specie bambini, donne e vecchi, braccati senza scampo e costretti, nel migliore dei casi ad una fuga tragica, comunque difficile e tra peripezie indicibili verso un tentativo disperato di raggiungere la costa e attraversare soprattutto il Mediterraneo ma anche gli approdi della Grecia e sperare in qualche modo di proseguire verso l’Europa. La tragedia dei migranti diventa così una conseguenza inevitabile dell’orrore del terrorismo, salutata con soddisfazione dal gruppo di comando dell’Is. E’ evidente infatti che la spinta ad abbandonare città e territori di origine provoca un grave problema ai paesi che dovrebbero accogliere i migranti e mostra al tempo stesso la forza dei terroristi che – anche per questa via – vogliono causare gravi problemi ai paesi europei e un ulteriore segnale di potenza e di capacità di colpire in ogni luogo con la conseguenza di provocare ulteriori difficoltà nei paesi dove i disperati del mare vorrebbero approdare. Anche oggi bambini sono annegati in mare mentre con i genitori tentavano su un gommone scassato di lasciare le coste della Turchia mentre perseguendo analoghi obbiettivi di morte e di terrore, miliziani jihadisti assaltavano una caserma in Somalia massacrando cinquanta militari dell’Unione africana e in Niger analogo assalto di militanti di Boko Haram provocava la morte di decine di persone. Proseguono anche distruzioni di luoghi sacri sciiti in Iraq nell’area di Ninive per mano dei jihadisti sunniti. Anche una ex chiesa assira trasformata da tempo in luogo di culto sciita è stata rasa completamente al suolo dopo il furto delle più pregiate opere d’arte. Le macerie di un’altra moschea sono state interamente ricoperte da una colata di cemento da adibire a parcheggio. In un quadro così sommariamente richiamato ma che non può non suscitare grave preoccupazione e timore per il futuro fa purtroppo sorridere, ma di un sorriso profondamente amaro, lo strappo per molti versi clamoroso tra l’Europa e l’Italia. Junker e Renzi hanno sonoramente polemizzato sul tema”annoso” della “flessibilità”, con il giudizio piccato del presidente della Commissione Europea che ha accusato Renzi di comportarsi in modo superficiale e rivendicando a sé l’iniziativa e l’apertura proprio sul tema della flessibilità. Renzi con il suo stile tranchant ha risposto sul tg 5 :”l’Italia non prende lezioni e non può essere trattata come uno scolaretto che ha marinato la scuola”. Insomma, Renzi vuole continuare a battere “i pugni sul tavolo”recandosi la prossima settimana ad incontrare la Merkel, mentre Junker ha annunciato la visita a Roma a febbraio. Dicevamo di uno scontro da asilo se però non cogliessimo anche la gravità e serietà della polemica, nel momento in cui l’Europa è in affanno ed emergenze drammatiche ed urgenti premono alle nostre porte con gli assalti jihadisti e il fronte emigrazione che non trova in alcun modo, vie di soluzioni ragionevoli e condivise. Urge sempre più del resto la questione libica sulla quale siamo fortemente chiamati in causa come Italia senza purtroppo però che si intraveda una strada praticabile per impedire altre vittime, militari e civili e altri sbarchi di disperati del Mediterraneo.
(15.1.2016)
da www.aje.it