Immagine: Karadzic durante il processo a L’Aja
Il Tribunale Penale Internazionale (TPI) dell’Aja ha condannato a quarant’anni di reclusione Radovan Karadzic ritenuto responsabile del genocidio di Srebrenica, dell’assedio di Sarajevo, di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. L’ex leader politico serbo di Bosnia è stato invece ritenuto non colpevole di genocidio per quanto avvenuto in 7 comuni del Paese. Le vicende riguardano le violenze compiute durante la guerra 1992-1995 nell’ex Jugoslavia. Il difensore ha annunciato ricorso.
Negli anni Ottanta del secolo scorso, dopo la fine dell’ex Jugoslavia, Karadzic, insieme a Ratko Mladic e Slobdan Milosevic, perseguiva il sogno di una grande Serbia. Una volta finita la guerra bosniaca, si diede alla macchia e rimase latitante per 13 anni. Si era reso irriconoscibile: s’era fatto crescere barba e capelli, era tornato a esercitare la sua professione di medico, ma praticava la medicina alternativa. Nonostante il mascheramento fu catturato nel luglio del 2008 alla periferia di Belgrado.
Il processo all’ex leader serbo si è concluso dopo sei anni, 600 testimoni, l’analisi di undicimila reperti e decine di migliaia di documenti. Si tratta di una sentenza storica, che era attesa da migliaia di donne, vedove e madri degli uomini uccisi a Srebrenica, giunte espressamente all’Aja per ascoltare la sentenza. Hanno seguito il processo anche 200 giornalisti e ricercatori universitari che hanno assistito alla lettura del verdetto. Si tratta di una sentenza storica, Karadzic è il politico di più alto rango a essere mai stato giudicato dal tribunale. La condanna di oggi, almeno così si spera, potrebbe aiutare a voltare pagina e a stabilizzare la regione.