La tensione sale tra Iraq e Turchia. Il clima – in quelle latitudini già molto caldo – si è ulteriormente infuocato a causa delle dichiarazioni del presidente turco Erdogan che ha confermato l’intenzione di Ankara di partecipare all’offensiva per strappare all’Isis la città irachena di Mosul. Il primo ministro iracheno Haidar al Abadi ha ribadito al premier turco di “stare al suo posto”. La già intricata e complessa situazione politica dell’area rischia di annodarsi ulteriormente, quindi. Il leader iracheno ha dichiarato di voler pubblicare i documenti che smentirebbero il premier turco in relazione alla presenza delle truppe di Ankara nei pressi di Bashiqa, distretto di Mosul. In questi documenti ci sarebbe, quindi, la prova che Abadi non avrebbe mai chiesto ad Ankara di inviare i suoi militari in Iraq. Il comunicato diffuso dall’ufficio del primo ministro iracheno dice: “Le affermazioni del presidente Erdogan in cui afferma che è stato Abadi a chiedere l’allestimento della base turca a Bashiqa durante una sua visita ad Ankara non sono corrette. Gli iracheni sono impegnati nella liberazione di ogni singola porzione del loro territorio nazionale dal terrorismo del Dàesh (acronimo arabo per Stato islamico dell’Iraq e del Levante) e resisteranno l’occupazione esterna. Il giorno della vittoria è vicino”. Erdogan, dal canto suo, aveva precisato due giorni fa che le forze armate turche del campo di Bashiqa non prenderanno alcun ordine dall’Iraq. Nell’ambito di un incontro con alcuni leader dei paesi musulmani a Istanbul, al 23mo Congresso mondiale dell’energia, Erdogan ha poi dichiarato: “L’Iraq ci ha fatto alcune richieste in merito a Bashiqa e ora ci dicono di abbandonare la base, ma l’esercito turco non è caduto così in basso da prendere ordini da Baghdad. Il primo ministro iracheno, mi sta insultando e in primo luogo deve conoscere i propri limiti”. E’ evidente come questa rocambolesca “strategia della tensione” non favorisca nessuno degli attori in causa. Da parte loro le autorità della regione delKurdistan iracheno hanno ribadito che i loro miliziani Peshmerga non si ritireranno dai territori delle provincie di Ninivee di Kirkuk, ricca di petrolio, che negli ultimi due anni hanno conquistato combattendo contro lo Stato islamico.
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