Un’autobomba è esplosa questa mattina a Diyarbakir, la principale città curda nel sud-est della Turchia. L’ordigno è deflagrato nei pressi di una stazione di polizia, le vittime accertate sinora sono otto, di cui 2 poliziotti, 5 civili e un sospetto attentatore. I feriti invece sono circa un centinaio, di cui sette ancora ricoverati in ospedale.
L’attentato ha seguito di poche ore l’arresto di 11 deputati del partito filo-curdo Hdp, avvenuto durante la notte, fra loro anche i leader Selahattin Demirtas e Figen Yukeskdag, per i quali l’arresto è stato convalidato già questo pomeriggio. L’accusa è quella di “terrorismo”, i deputati sono stati fermati dopo l’entrata in vigore della legge che ha rimosso l’immunità parlamentare, per essersi rifiutati di presentarsi spontaneamente davanti ai giudici.
Le autorità ritengono che l’attacco sia opera del Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), partito dichiarato illegale in Turchia.
Nel frattempo gruppi di manifestanti hanno occupato le strade di Istanbul, Ankara e Diyarbakir, per protestare contro l’arresto dei deputati. Le forze di polizia hanno dovuto ricorrere alla forza per sedare le rivolte.
Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e le Politiche di Sicurezza, e Johannes Hahn, Commissario Europeo per la politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento, hanno rilasciato una nota congiunta nella esprimono “profonda preoccupazione da parte dell’Unione Europea in quanto l’arresto dei deputati curdi compromette la democrazia parlamentare in Turchia e rende ancora più tesa la situazione nel sud est del Paese”.
Nelle ultime ore proprio la reazione dei Paesi Europei è stata al centro di una conversazione telefonica fra la stessa Mogherini e Mevlut Cavusoglu, Ministro degli Esteri di Ankara.