“I media ci aggiornano quasi quotidianamente sull’evoluzione dell’offensiva militare su Mosul. Troppo poco si parla, invece, delle terribili conseguenze che sei mesi di combattimenti (dopo anni di conflitto) stanno avendo sulla popolazione. Quella di Mosul è una battaglia che si combatte villaggio per villaggio, casa per casa. I team di INTERSOS impegnati in prima linea registrano una situazione drammatica, l’accesso alle persone in stato di bisogno è limitato, la disponibilità di aiuti primari, in primis cure e medicine, è ancora fortemente insufficiente. Il nostro lavoro è salvare e proteggere vite umane. Per questo diciamo che è il momento di una avanzata umanitaria”.
Questo l’appello lanciato da INTERSOS, l’organizzazione umanitaria italiana in prima linea nel mondo per portare aiuto alle vittime di guerre e violenze. Attualmente l’attività di INTERSOS nell’area si concentra sull’assistenza medica di base e sulla protezione dei più vulnerabili, con 2 team medici e 6 team di protezione impegnati in diversi siti sia nel Governatorato di Ninewa, il cui capoluogo è Mosul, che in quello di Saladin, dove è la città di Tikrit ad essere il centro principale.
“Mai come in questo momento, c’è davvero bisogno di andare oltre noi stessi – racconta Barbara Foresti, coordinatrice dei progetti di INTERSOS in risposta all’emergenza Mosul –. Grazie all’impegno quotidiano dei nostri operatori, siamo riusciti ad essere la prima organizzazione internazionale a raggiungere alcune delle aree appena liberate dai combattimenti, prestando un aiuto fondamentale alla popolazione. I nostri team hanno visitato alcuni dei quartieri di Mosul Est sotto il controllo dell’esercito iracheno. Quella che si sono trovati di fronte è una situazione drammatica, sia per il livello della distruzione che per i bisogni della popolazione, a cominciare dalla diffusa carenza di cibo e acqua e dall’assenza di cure mediche. Mancano ospedali, cliniche, dottori, ambulanze”.
Dal punto di vista sanitario, c’è carenza di tutto. “Gli ospedali, così come le scuole, sono stati usati come difese nel corso della battaglia e sono semi distrutti”, aggiunge Barbara Foresti. “Nei quartieri che abbiamo visitato, è rimasta solo una piccola farmacia con scorte limitate di medicinali di base. Purtroppo, a causa della ripresa dell’intensificarsi dell’offensiva verso la zona ovest della città e del nuovo deterioramento delle condizioni di sicurezza, gli attori umanitari sono stati costretti ad abbandonare temporaneamente l’area e non abbiamo potuto effettuare altri interventi nella città. Siamo, tuttavia, attivi nei campi di emergenza dove, negli ultimi giorni, il numero di famiglie in fuga da Mosul Ovest è aumentato esponenzialmente. Il livello di stress psicofisico tra gli sfollati è estremo. Quelle che incontriamo sono persone disidratate, denutrite, traumatizzate, che hanno bisogno di assistenza immediata”.
“In questo momento, la limitazione all’accesso umanitario in molte aree significa moltiplicare la sofferenza delle persone, a cominciare dai più vulnerabili: donne, bambini, malati cronici, anziani – osserva Luisa Rueda, direttrice regionale di INTERSOS per il Medio Oriente –. Ogni giorno, i team di INTERSOS assistono fino a 1500 persone nei campi di accoglienza dei profughi a ridosso del fronte, così come nelle zone recentemente sottratte al controllo dell’ISIS. Sappiamo bene, tuttavia, che c’è ancora tantissimo da fare per portare aiuto a un’enorme massa di persone in stato di bisogno, con oltre 200mila sfollati nel corso della battaglia e almeno 750mila persone ancora imprigionate nella battaglia a Mosul Ovest. Per questo lanciamo un appello alla mobilitazione dell’opinione pubblica e chiediamo agli attori internazionali di non lasciarli soli”.