La proclamazione di Juan Guaidò alla presidenza ad interim del Venezuela da parte dell’Europarlamento ha scatenato, ulteriormente, la repressione di Nicolas Maduro contro la protesta dei democratici. A riferircelo è Marinellys Tremamunno, collega corrispondente in Vaticano e in Italia per Imagen Televisión, in una lucida analisi dei fatti venezuelani oggi su “La Nuova Bussola”.
Tremamunno afferma che si contano 6 morti al giorno in media e quasi mille arresti in una sola settimana, il tasso di incarcerazioni più alto da quando i chavisti sono al potere. Questi fatti hanno portato la gran parte degli Stati americani a sostenere Guaidò, così come dalla sua parte si sono schierate le maggiori democrazie nel resto del mondo.
La posizione dell’Italia, secondo la giornalista venezuelana, rimane ambigua: “Il governo italiano che (come il Vaticano) esprime prudentemente preoccupazione per l’escalation, non prende una posizione chiara con Guaidò o con Maduro”.
L’organizzazione non governativa Proiuris, impegnata nella difesa dei diritti umani in Venezuela, facendo appello alla Corte Penale Internazionale per l’incorporazione degli abusi più recenti al processo già intrapreso contro il dittatore, riferisce che con una media di sei morti al giorno e un’azione sproporzionata delle forze di sicurezza dello Stato, Nicolas Maduro è riuscito a oltrepassare il proprio record di orrore degli anni 2014 e 2017. Dal 22 gennaio ad oggi si sono contati oltre 40 morti e 856 arresti, di cui 77 minorenni; compresi due adolescenti indigeni dell’Amazzonia, un malato di cancro di 16 anni e uno con epilessia di 14 anni.
Secondo il portavoce delle Nazioni Unite a Ginevra, Rupert Colville, si tratta del più alto numero di arresti compiuti, in una sola settimana, da quando il chavismo è arrivato al potere nel 1999.
Il “dramma venezuelano” non è iniziato lo scorso 23 gennaio secondo la Tremamunno, la cronaca quotidiana in Venezuela mostra da anni la sofferenza di un popolo continuamente sottoposto alla repressione della Polizia Nazionale Bolivariana, della Guardia Nazionale e dei gruppi speciali di sterminio FAES e CONAS, oltre ai cosiddetti “colectivos”, i gruppi armati in difesa della rivoluzione chavista. Tutti hanno lo stesso obbiettivo: uccidere o torturare coloro che esprimono la propria insoddisfazione in piazza. Sono il braccio armato di Nicolás Maduro, che si rifiuta di accettare che il suo mandato è decaduto il 10 gennaio 2019.
Nel 2017, la brutalità della polizia e dell’esercito ha ucciso 134 persone, come affermato nel rapporto dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) che ha motivato la denuncia contro Nicolas Maduro e almeno dieci alti funzionari davanti al Tribunale Penale Internazionale per crimini contro l’umanità.
In tutto ciò, ad oggi rimangono 51 bambini arrestati durante le proteste del 23 gennaio, inoltre, tra i nuovi prigionieri politici di Maduro c’è l’italiana Laura Gallo, arrestata anche lei il 23 gennaio durante una retata della polizia, al termine di una manifestazione a Yaracuy.
Tuttavia, secondo la giornalista, l’Italia non ha espresso una posizione chiara sulla situazione venezuelana. Intanto come detto, 16 paesi del continente americano si sono alleato per sostenere il presidente “ad interim” Juan Guaidò e cooperare per fermare il regime sanguinario di Nicolas Maduro. L’’iniziativa ha avuto anche il decisivo sostegno di Israele, Australia, Germania e Francia. La risposta italiana è molto simile a quella vaticana. Giuseppe Conte su Twitter, così si è espresso: “Seguo gli sviluppi in Venezuela ed esprimo forte preoccupazione per i rischi di un’escalation di violenza. Siamo vicini al popolo venezuelano e al fianco della collettività italiana nel Paese. Auspico un percorso democratico che rispetti libertà di espressione e volontà popolare”. Ieri, invece, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha insistito sui cinque punti che erano stati promossi durante il fallito dialogo di Papa Francesco: “il pieno ripristino e rispetto dei poteri dell’Assemblea nazionale, che fossero indette elezioni presidenziali credibili, il rilascio di tutti i prigionieri politici, la piena garanzia della libertà di informazione ed espressione, l’apertura di corridoi umanitari”, ha detto in un’audizione al Senato sulla crisi in Venezuela, ovviando una ferma condanna contro il regime di Nicolas Maduro. Ciò che lamentano molti venezuelani residenti in Italia, e naturalmente Marinellys Tremamunno, è la mancanza di una presa di posizione netta contro il dittatore da parte del governo italiano.
Ulteriori notizie e retroscena della crisi venezuelana verranno approfondite venerdì alle 19 nell’ambito del programma radiofonico “avanti tutta” su radiokaositaly.com.