Roma, novembre 2019 – Il Medio Oriente, gli scenari di crisi e le relative scelte politiche non avranno influenza sulle elezioni presidenziali Usa che si terranno nel 2020. I cittadini americani sono concentrati sulle questioni interne e tra un po’ nessuno si ricorderà dei Curdi e del ritiro delle truppe deciso da Trump. Le uniche preoccupazioni estere, per gli Stati Uniti, possono riguardare il confine con il Messico e la Cina.
È il messaggio giunto dal dibattito “The US and the Middle East, an evolving situation”, che si è tenuto alla John Cabot University (JCU) di Roma, a cura dell’Istituto Guarini per gli Affari Pubblici, a cui hanno partecipato esperti internazionali.
«Nel prossimo anno, in Usa, si parlerà di elezioni: questo è certo. Ma chi vincerà non possiamo dirlo. Carter e Bush senior non furono rieletti perché avevano perso l’appoggio del partito. Non è il caso di Trump che parte favorito, ed ha una base stabile. E nei sondaggi effettuati nei sempre decisivi “Swing States” è davanti a Elizabeth Warren», ha dichiarato Lucio Martino, esperto di relazioni transatlantiche e problemi strategici. Proseguendo: «Il Medio Oriente non sarà un fattore importante. Nell’ultimo dibattito solo 20 minuti su 3 ore sono stati dedicati alla politica estera. Oggi, negli Stati Uniti, quando si parla di politica estera per lo più si parla di Cina e Messico».
Dello stesso avviso Viviana Mazza, giornalista specializzata nel settore Esteri. «Per ora il Medio Oriente – ha spiegato – non ha grande impatto sulle elezioni statunitensi. Non è così rilevante per i cittadini, anche se si tratta di una regione volatile, con molti hot spots». E su Putin: «È amico di tutti – il che è problematico perché tutti, in quella regione, vogliono qualcosa – e fa quello che gli Usa non possono fare, ma non può riempire il vuoto lasciato dall’America».
«L’iran non è stato sconfitto dalle sanzioni Usa, che, al contrario hanno consolidando il consenso attorno al governo. L’economia è subito un rallentamento, è vero, ma ha retto, perché è stata diversificata. Il Paese è schizofrenico, guarda ad Ovest e non a Est, ha gli stessi confini da secoli ed è piuttosto isolato nella regione. Di sicuro non vuole un’altra guerra. L’Europa dovrebbe tornare a dialogare con l’Iran, perché quest’ultimo ha bisogno di investimenti e materiali», ha proseguito Farian Sabahi, docente di politica e religione, studiosa di questioni iraniane.
Sul Kashmir, al centro di una delicata disputa territoriale fra India e Pakistan, che ha disorientato gli abitanti, tenendoli nell’incertezza, si è soffermata Pratishtha Singh, autrice e attivista per i diritti delle donne. «Sono state sospese le comunicazioni, Internet – ha detto – non si possono tenere assemblee fra cittadini. L’Europa si è espressa poco su questa situazione. Mentre l’India sta vivendo la peggiore fase economica della sua esistenza».