Come voteranno questa volta i cittadini dell’Iowa? Le ormai imminenti elezioni presidenziali dipenderanno molto probabilmente dall’esito del voto degli elettori di questo piccolo Stato: 3 milioni di abitanti sui 327 milioni degli Stati Uniti, di cui 90% sono bianchi e per oltre metà evangelici o metodisti. David Leonhardt, editorialista del New York Times ha scritto: “Demograficamente, sembra l’America del 1870”.
L’Iowa assegna appena 41 delegati su 3.979 nelle primarie democratiche e 40 su 2.441 in quelle repubblicane eppure, nella storia degli Stati Uniti, ha da sempre una determinante influenza nella scelta dei candidati e quindi del futuro presidente.
Il nome dello Stato deriva da quello di una tribù di nativi americani di ceppo Sioux, gli Iowa appunto, che abitarono queste terre fino al 1836, quando volontariamente le cedettero agli Stati Uniti e si ritirarono nell’Oklahoma. La capitale Des Moines, si chiamava originariamente Fort Des Moines (forte dei monaci), fino a che fu abbreviato nel 1857. Storia.
Secondo uno studio del National Bureau of Economic Research gli elettori dell’Iowa hanno il 20% in più di influenza rispetto a un normale elettore, insomma chi vince qua prende tutto: ai democratici dal 1972 è successo 9 volte su 12, con la sola eccezione di Bill Clinton nel 1992 quando la spuntò Tom Harkin.
Nel 2008, giovane senatore dell’Illinois Barack Obama fu lanciato proprio da quella vittoria a sorpresa vincendo su Hillary Clinton alle primarie, anche se nel 2016 Hillary Clinton si ripresenta e vince le primarie, per poi perdere la “finale” contro Donald Trump.
Anche per i repubblicani la vittoria in Iowa è stata determinante per la nomination 6 volte su 11: l’ultimo fu George W. Bush nel 2004. Quest’anno, come accade ai presidenti in carica, Trump sarà però impegnato nelle primarie solo formalmente.
Perché l’Iowa è così determinante?
Proprio in questo Stato, nel 1972, i democratici hanno istituito le primarie — seguiti quattro anni dopo dai repubblicani — per scegliere il candidato alla presidenza, da allora è il primo Stato a votare e i candidati passano mesi a battere ogni angolo delle 99 contee, spendendo milioni di dollari in spot televisivi e radiofonici.
Ma come funzionano i caucus? Cosa sono?
I 1.681 caucus – una specie di riunioni di condominio che si tengono nelle palestre, nelle scuole, nei teatri e nelle sale parrocchiali – scelgono quindi i candidati.
Le riunioni così formate si dividono poi in gruppi, ognuno dei quali rappresenta un candidato, quelli più piccoli vengono eliminati e gli elettori ridistribuiti in un secondo round, il gruppo più numeroso vince: così via fino a quanto si sommano i risultati di tutti i caucus dell’Iowa e viene dichiarato il vincitore.
Dopo l’Iowa le primarie si spostano in New Hampshire, Nevada, South Carolina e così via, passando per i due Super Martedì di marzo in cui votano una ventina di Stati, chi avrà più delegati ricaverà la nomination, assegnata alle convention dei partiti questa estate. L’ultimo appuntamento delle primarie sarà il 6 giugno presso le Virgin Island.
Secondo i sondaggi di Real Clear Politics https://www.realclearpolitics.com/ fra i democratici sono rimasti in corsa solo 12 candidati: Bernie Sanders è in lieve vantaggio (25%) su Joe Biden (22%) e Pete Buttigieg (17%). A seguire Elizabeth Warren, Amy Klobuchar, Andrew Yang, Tom Steyer e Tulsi Gabbard tutti tra il 13% e il 2%. La sfida si giocherà sui primi due.
Salvo sorprese, uno di loro il 3 novembre sfiderà Donald Trump decidendo l’agenda politica internazionale, come sappiamo. Tutto torna, sempre e comunque in Iowa!