Regno Unito– Malala Yousafzai si laurea all’Università di Oxford, un altro sogno realizzato che è anche un grande incoraggiamento per tutti noi. Malala ha oggi 22 anni ma è da oltre dieci anni, il suo nome è celebre ed è sinonimo di lotta per i diritti umani e in particolare per l’istruzione femminile.
Malala è nata nel 1997 a Mingora, nel distretto dello Swat in Pakistan. Qui i talebani, tra le altre cose, vietano a bambine e ragazze la possibilità di andare a scuola. Ha solo 11 anni ma decide di raccontare quello che succede attraverso un blog su la BBC. Questo le costa una condanna a morte.
Il 9 ottobre 2012, poco più che quindicenne, si trova su un autobus con altri compagni di scuola quando un gruppo armato fa irruzione sul mezzo. Malala viene raggiunta da pallottole alla testa e al collo e lotta tra la vita e la morte. Viene ricoverata all’ospedale militare di Peshawar dove subisce una delicata operazione chirurgica. Nel frattempo il leader dei talebani ha rivendicato l’attacco e minacciato di renderla oggetto di altri attentati se fosse sopravvissuta. Malala viene trasferita in un ospedale di Birmingham in Inghilterra, dove riesce miracolosamente a riprendersi.
In meno di un anno è di nuovo in piedi ed è al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York. È il 12 luglio 2013, il suo sedicesimo compleanno, e lei indossa uno scialle appartenuto a Benazir Bhutto, l’ex premier pakistana assassinata da Al Qaeda nel 2007. Durante il suo discorso ha detto: “Cari amici, il 9 ottobre 2012, i talebani mi hanno sparato sul lato sinistro della fronte. Hanno sparato ai miei amici, anche. Pensavano che i proiettili ci avrebbero messi a tacere, ma hanno fallito. Anzi, dal silenzio sono spuntate migliaia di voci. I terroristi pensavano di cambiare i miei obiettivi e fermare le mie ambizioni. Ma nulla è cambiato nella mia vita, tranne questo: debolezza, paura e disperazione sono morte; forza, energia e coraggio sono nati. Io sono la stessa Malala. Le mie ambizioni sono le stesse. Le mie speranze sono le stesse. E i miei sogni sono gli stessi”.
Ha poi aggiunto che lei non era là per giurare vendetta contro nessuno e che non provava odio neanche per chi aveva cercato di strapparla alla vita, lei era là per sostenere il diritto all’istruzione di tutti i bambini del mondo. Infatti ha proseguito: “…ci rendiamo conto dell’importanza della luce quando vediamo le tenebre. Ci rendiamo conto dell’importanza della nostra voce quando ci mettono a tacere. Allo stesso modo, quando eravamo in Swat, nel Nord del Pakistan, abbiamo capito l’importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto le armi. Il saggio proverbio “La penna è più potente della spada” dice la verità. Gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne. Il potere dell’educazione li spaventa. Hanno paura delle donne. Il potere della voce delle donne li spaventa. Questo è il motivo per cui hanno ucciso 14 studenti innocenti nel recente attentato a Quetta. Ed è per questo che uccidono le insegnanti donne. Questo è il motivo per cui ogni giorno fanno saltare le scuole: perché hanno paura del cambiamento e dell’uguaglianza che porteremo nella nostra società.”
Quello stesso anno fu candidata al premio Nobel per la pace, che le viene conferito il 10 ottobre 2014. Malala ha diciassette anni ed è la più giovane vincitrice di un premio Nobel della storia.
Nel 2017 si iscrive all’Università di Oxford e ieri sul suo profilo Twitter scrive con gioia di aver completato il suo percorso di studi in Filosofia, Politica ed Economia. Un sogno realizzato.
Malala non è una ragazza con poteri speciali, è una giovane ventenne, una persona comune. Nel libro “Io sono Malala” scritto dalla giornalista inglese Christina Lamb, oltre a raccontare la sua esperienza, ci parla anche di passioni tipiche della sua età, come quella per il cantante Justin Bieber. Nel suo post su Twitter scrive che dopo aver raggiunto questo traguardo vuole leggere, guardare Netflix e dormire. Malala ci insegna che sono proprio le persone comuni a portare avanti le grandi rivoluzioni e a cambiare in meglio il mondo in cui viviamo. Grazie Malala.