Non sono bastati i milioni di dollari spesi, per comizi e campagna elettorale, dai repubblicani che speravano di vincere le elezioni nello stato della Georgia e di ottenere la maggioranza al Senato.
Gli Stati Uniti sono infatti tornati ieri martedì 5 gennaio alle urne, in particolare i cittadini dello stato della Georgia, chiamati ad un importante compito: lasciare che i democratici controllino Casa Bianca, Camera e Senato eleggendo due senatori dem o permettere ai repubblicani di ottenere i seggi che gli diano la maggioranza nella Camera Alta e così contrastare i piani della nuova amministrazione che il prossimo 20 gennaio si insedierà a Washington.
Un avvincente testa a testa, che ha visto l’importante vittoria dei democratici che ora possiedono il totale controllo di Senato e Camera, avendo ottenuto la metà dei seggi e permettendo ad entrambi i partiti di controllare cinquanta senatori a testa. Tuttavia in caso di parità le regole del Senato prevedono che possa votare anche la persona che presiede l’aula, cioè la vicepresidente, democratica, degli Stati Uniti, Kamala Harris, garantendo di fatto al neoeletto Biden la possibilità di attuare più facilmente la sua agenda politica.
La Georgia, da tempo repubblicana, con indiscusse radici conservative, aveva già sorpreso gli USA concedendo a Biden la vittoria. Ciononostante da qualche tempo a questa parte lo Stato sta attraversando dei cambiamenti socioeconomici che hanno consentito ai democratici di recuperare molto terreno.
A favoreggiare i democratici è stato senza dubbio l’elettorato afroamericano, che negli ultimi vent’anni ha visto un’enorme crescita, accompagnato dagli ispanici e asiatici, i cui elettori sono triplicati. Al contrario invece gli elettori bianchi sono scesi dal 61% al 53%.
Tutti i candidati dei due rispettivi partiti si sono ben destreggiati durante i comizi appoggiati anche dal presidente uscente e da quello entrante, focalizzandosi, il primo, sull’inaccettabilità del risultato dell’elezioni presidenziali e non riuscendo dunque a mandare giù la schiacciante sconfitta, tanto da dichiarare pubblicamente di sperare nello schieramento con i repubblicani del vicepresidente in carica Mike Pence, che nelle prossime settimane dovrà ratificare al Congresso l‘esito delle elezioni presidenziali. Mentre il secondo, più astutamente, ha attaccato i ritardi dell’attuale amministrazione nella somministrazione del vaccino anti-Covid e spronando la popolazione della Georgia al voto.
Ma chi sono i due vincitori democratici?
Jon Ossoff ha appena 33 anni e nella vita ha fatto il collaboratore di un deputato e il capo di una piccola società inglese che produce documentari. Si è fatto notare nel 2018 per aver perso, di poco, una delle elezioni alla Camera più serrate di quella tornata elettorale. In campagna elettorale Ossoff ha cercato di vendersi soprattutto come un Democratico saldamente progressista ma anche pragmatico, equidistante sia dallo stereotipo del Democratico di uno stato del Sud – centrista, d’accordo con i Repubblicani su quasi tutto – sia dall’ala sinistra del partito.
Raphael Warnock è invece una figura piuttosto nota in Georgia, nonostante sia alla prima esperienza politica. Dal 2005 infatti è pastore alla Ebenezer Baptist Church di Atlanta, la storica parrocchia di Martin Luther King, molto influente nella popolosa comunità afroamericana dello stato. In questi anni Warnock si è spesso speso per cause care ai democratici come l’estensione della copertura sanitaria ai più poveri, la registrazione al voto dei cittadini che fanno parte di minoranze e una maggiore controllo sui possessori di armi da fuoco.
Che dunque, con questa amara sconfitta dei repubblicani, il presidente Trump non abbandoni definitivamente l’idea di ribaltare l’esito delle elezioni presidenziali?