Roma – Il colpo di stato in Burkina Faso “è il terzo nel Sahel e nell’Africa occidentale in meno di due anni, tutti eseguiti da unità d’élite dell’esercito”, e nel caso in questione “rivela il grado di frustrazione vissuta nella regione a causa del deteriorarsi della sicurezza nel Sahel e per l’incapacità dei governi regionali di trovare risposte”. A riferirlo l’agenzia Dire, cui giunge il commento di Andrew Lebovich, senior policy fellow per il Programma Africa dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr), poco dopo la proclamazione da parte dei militari della presa del potere a Ouagadougou, con la conseguente sospensione della Carta costituzionale e della deposizione delle istituzioni dello Stato.Tale epilogo secondo Lebovich “mostra come le forze armate della regione siano in grado di far loro il sentimento popolare e convogliarlo contro i governi democratici, un segnale di avvertimento per altri paesi dell’area chiamati a far fronte a questioni di sicurezza analoghe e a tensioni tra ambienti politici e militari”.
Tra le cause di tale insofferenza, lo studioso cita la strage di Inata di novembre scorso, in cui in un attacco delle milizie armate hanno perso la vita 32 persone tra cui 28 membri delle forze di sicurezza e quattro civili. L’assalto è stato solo l’ultimo di una serie di attacchi che da tempo si sono intensificati nel nord del Paese del Sahel.L’esperto sottolinea che, “sebbene organismi internazionali come l’Ecowas potrebbero cedere alla tentazione di punire I golpisti con sanzioni – come è già accaduto in Mali – la comunità internazionale in Burkina Faso deve agire con coscienza, evitando atti avventati” che potrebbero solo “rafforzare la leadership” dei responsabili dei rovesciamenti dei governi. Pur senza incoraggiare nuovi golpe nella regione, per lebovich sarebbe “molto importante capire perché questi colpi di stato si stanno verificando con tale frequenza, indagando il malcontento che I cittadini provano per i loro governi”.fonte Agenzia DIRE