Assistiamo già a un trattamento discriminante per i profughi della comunità rom: è più probabile che vengano respinti ai confini e che non ricevano un trattamento adeguato una volta varcata la frontiera. In Moldavia poi sono già sorti centri di accoglienza in cui sono di fatto segregati rispetto ai cittadini non rom”. Jonathan Lee, responsabile della comunicazione e l’advocacy dello European Roma Rights Centre (Eccr), parla con l’agenzia Dire di un aspetto particolare dell’emergenza umanitaria causata dall’offensiva militare russa in Ucraina.
Eccr, che ha sede a Bruxelles ed è stata fondata da cittadini rom, si impegna da oltre 20 anni nella tutela dalle discriminazioni e nella promozione dei diritti della comunità.
In Ucraina, teatro da più di due settimane di un conflitto che a oggi, stando a dati delle Nazioni Unite, ha già provocato centinaia di morti e causato la fuga dal Paese di 2,5 milioni di rifugiati, vivono ufficialmente poco più di 47mila rom, stando a un censimento del 2001.
Le persone appartenenti a questa comunità potrebbero essere però tra le 120mila e le 400mila, stando ai dati raccolti dalla ong internazionale World Romani Union e dall’organizzazione locale Roma e rilanciati dall’Eccr in un report pubblicato nel 2018. Stime tanto variabili, sottolinea l’organizzazione nel suo documento, sono conseguenza di anni di “discriminazioni” dal punto di vista istituzionale e amministrativo e quindi di una mancanza di documenti di riconoscimento.
E’ un problema in più in questi giorni difficili, conferma Lee, che prova a fare una panoramica su quanto sta accadendo. “Sappiamo che finora un gran numero di persone rom ha lasciato il Paese” riferisce. “I quartieri delle città dove viveva la maggior parte degli appartenenti alla comunità sono ormai praticamente vuoti”.
Le condizioni non sono uguali per tutti, spiega però il dirigente dell’organizzazione. “La maggior parte della popolazione rom dell’Ucraina vive nella regione di Zakarpattiya, situata nel sud-ovest, in una zona prossima ai confini con Slovacchia e Ungheria. Chi poteva ha già lasciato quest’area, per quanto anche qui si registrano episodi di respingimenti”. L’attivista prosegue: “Il problema maggiore è per chi vive nel nord o nell’est dell’Ucraina, che non può attraversare le aree dove si stanno svolgendo i combattimenti più intensi o che spesso non ha soldi per potersi muovere”.
A una situazione già difficile si aggiungono pregresse difficoltà sul piano amministrativo, denuncia Lee: “Decine di migliaia di rom, a causa di anni di discriminazioni e messa al margine della società, non hanno i documenti d’identità. Molti di loro hanno problemi ad attraversare i confini verso l’Unione Europea e sono quindi bloccati in Moldavia, che ha aperto a tutti le sue frontiere”. I profughi, continua il responsabile, “sono impossibilitati a recarsi in Romania, per quanto nelle ultime ore sappiamo che in questo Paese stanno un po’ allentando i controlli alla frontiera”.
Secondo Lee, quello che sta avvenendo in Moldavia, dove già vivono decine di migliaia di persone rom, merita un’attenzione particolare. “L’Eccr ha visitato diversi centri di accoglienza nella capitale Chisinau dove sono ospitati solamente persone della comunità, fatta eccezione per pochissime persone provenienti da Africa e Asia centrale”, riferisce l’attivista. Il numero maggiore di profughi è accolto in un impianto sportivo al chiuso, il Manej Sports Arena. Lee parla apertamente in termini di “segregazione razziale” quando definisce queste strutture, oltre a denunciare condizioni precarie. “In molti ci hanno detto che non c’è abbastanza cibo, acqua, servizi igienici e medicinali, e ci sono persone che non si sentono bene e numerosi bambini”. Dai punti di raccolta partono “regolarmente” pullman per il confine rumeno, ma, prosegue Lee, “alle persone rom non viene detto nulla sulle procedure da seguire e tanti vengono respinti perché mancano dei documenti. C’è il pericolo di rimanere bloccati in questi centri, visto che non si può tornare in Ucraina, o di diventare apolidi”.
Secondo Lee, a oggi “si sta assistendo a una tolleranza e a un sostegno senza pari per i rifugiati che vengono dall’Ucraina”. Per le persone rom, però, la prospettiva sarebbe diversa. “Soffrono già di discriminazioni in partenza ed è poco probabile che verranno accolti in appartamenti nelle città europee come invece sta avvenendo per gli altri rifugiati” dice Lee. “Anche le facilitazioni per l’attraversamento dei confini e l’ottenimento della protezione temporanea adottate dall’Ue non sembrano per ora riguardare i rom senza documenti, nonostante siano rifugiati e i Paesi confinanti siano firmatari della convenzione delle Nazioni Unite in merito”.
Il dirigente di Eccr teme che il futuro finisca per somigliare a un passato già noto per gli esponenti della comunità. “Il rischio – denuncia Lee – è che i rifugiati rom vadano incontro in Europa allo stesso razzismo e alla stessa esclusione che hanno vissuto dopo il conflitto nei Balcani negli anni ’90”.
fonte «Agenzia DIRE»