Roma, 19 ottobre 2023 – “Oggi giorno mancano all’appello nuovi studenti; ne avevamo 1.250 nel nostro istituto di Tel el-Hawa, nel sud di Gaza City: ora stiamo cercando due bambini con il loro papà, che si trovavano in casa nel momento dell’esplosione”. A parlare è suor Nabila Saleh, preside della Scuola patriarcale delle Suore del Rosario. L’edificio si trova nel quartiere della chiesa della Sacra famiglia, a pochi minuti di distanza a piedi dall’ospedale Al-Ahli, dove martedì centinaia di persone hanno perso la vita nelle esplosioni causate da un bombardamento. “E’ accaduto mentre celebravamo la messa” ricorda suor Saleh, missionaria egiziana, 45 anni, a Gaza da 13. “C’è stato un boato così terribile che ancora adesso ne siamo spaventate; pensiamo però soprattutto alle persone malate, a chi è rimasto ucciso dopo esser fuggito dalla propria casa, ai tanti feriti”. L’ospedale si trova accanto a un istituto delle suore di Madre Teresa, non distante dalla chiesa della Sacra famiglia. “Quella latina e quella greco-ortodossa sono entrambe nel quartiere cristiano, vicine le une alle altre” precisa suor Saleh. “Il nostro istituto di Tel el-Hawa è invece più distante, a sud, a circa 15 minuti di automobile: è la più grande scuola privata di Gaza e ovviamente ospita per la stragrande maggioranza alunni di fede musulmana”.Secondo la religiosa, “quasi ogni giorno arrivano notizie di morti e di feriti tra gli studenti”. La conferma che, con i bombardamenti israeliani cominciati dopo gli attentati e i raid di Hamas del 7 ottobre, i civili sono nel mirino. L’ultimo raid a Tel el-Hawa, documentato in video diffusi sui social network, si è verificato ieri. “Nella parrocchia della Sacra famiglia stiamo ospitando 500 persone, tra le quali un centinaio di bambini” riferisce suor Saleh. “Celebriamo due messe al giorno, la mattina alle otto e la sera alle 17; soprattutto svolgiamo attività per i bambini, facendoli giocare o cantare, perché possano ritrovare la speranza”. La religiosa condivide via WhatsApp un video registrato da una bambina. Lei parla in inglese, guardando il telefonino che la riprende e provando a ricordare tutto quello che vuole dire: “Abbiamo dovuto andar via da casa e adesso ci mancano i nostri giocattoli e i nostri letti” sussurra. “Per favore, accendete una candela e pregate per noi”. Dal bombardamento all’ospedale Al-Ahli, che avrebbe provocato almeno 471 morti, sono trascorsi due giorni. “La Scuola patriarcale non è stata danneggiata” riferisce suor Saleh, “mentre sono andati in frantumi i vetri dell’istituto delle Suore di Madre Teresa poco distante”.Lo sguardo è rivolto anche al futuro. “Ci incoraggiano le parole di Papa Francesco, che ha chiesto la sicurezza anche per il nostro quartiere e per le famiglie della minoranza cristiana” sottolinea suor Saleh. “Ci addolora al contrario che nessuno dei politici, neanche in Europa, trovi il coraggio di dire ‘no’ e di pronunciare parole di giustizia: proprio come gli israeliani, tutti i palestinesi hanno diritto di vivere”. Secondo stime diffuse oggi dal ministero della Sanità locale, nei bombardamenti su Gaza seguiti al 7 ottobre hanno perso la vita almeno 3.785 persone. Di queste vittime 1.524 sono bambini e circa mille donne. |