Iran. Persecuzioni non si fermano

di Mimma Cucinotta

Le ondate di repressioni da parte del Ministero iraniano della Intelligence si
intensificano verso i sostenitori della  Organizzazione dei Mujaheddin del Popolo
dell’Iran (OMPI) ostili al regime. E’ quanto emerso in luglio da un rapporto di
da Javaid Rehman avvocato studioso di diritto britannico, professore di diritto
 islamico alla Brunel University di Londra.

In questo caso Rehman si è espresso in scadenza del suo mandato (13 luglio 2018 – 31
luglio 2024) come relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei
diritti umani nella Repubblica islamica dell’Iran. Incarico giunto alla
conclusione tre giorni dopo l’insediamento del nono presidente della Repubblica
iraniana Massoud Pezeshkian, arrivato al potere il 28 luglio scorso 2024 con
efficacia dal 30 luglio.

Succeduto a Mohammad Mokhber per la coalizione dei riformisti, Pezeshkian cardiochirurgo
azero originario dell’
Azerbaigian, dal 2001 al 2005 è stato
ministro della Salute e della Educazione medica e dal maggio 2008 fino al nuovo
mandato presidenziale ha rappresentato il distretto elettorale di Tabriz, Osku
e Azarsharhr come componente del Mjles Assemblea consultiva islamica, il
Parlamento dell’Iran. Dunque un politico di lungo corso che ha affermato l’esigenza
di dialogare con l’Occidente in particolare con gli Stati Uniti, in
contrapposizione alle strategie politiche estere attuate dalla parte avversa
dei conservatori. La vittoria alle elezioni presidenziali per Pezeshkian può
essere dipesa comunque dalla candidatura americana di Donald Trump alla Casa
Bianca, secondo cui necessitava in caso di successo, cosi come si è verificato,
l’abbassamento del livello di tensione tra Teheran e gli Stati Uniti. Necessità
avvertita dagli stessi conservatori che con la loro probabile astensione alle
urne hanno determinato la vincita elettorale del presidente prudentemente
autonomista con identità turco-azera, sul quale la Turchia punta in ordine al
miglioramento delle relazioni con l’Iran.  

Elementi che dal rapporto di luglio, redatto dall’ex relatore speciale Onu Javaid Rehman, ad oggi, avrebbero dovuto condurre ad un cambiamento ad ampio raggio partendo dal rispetto dei diritti umani sui quali Pezeshkian aveva fondato la campagna elettorale e promettendo
il 16 settembre scorso, durante una conferenza stampa a Teheran,
in
occasione del secondo anniversario della morte di Mahsa Jina Amini,  ”che la
polizia morale “non infastidirà” le donne che non indossano il velo in
pubblico”. La morte in circostanze misteriose della 22enne curda iraniana tre
giorni dopo l’arresto per non aver indossato in modo regolare il velo, aveva
suscitato turbamento.

Stando a quanto emergerebbe nell’ultimo mese le restrizioni insieme alle
ondate di arresti, persecuzioni ed esecuzioni sarebbero aumentate sconfessando
il presidente iraniano nelle sue dichiarazioni pubbliche contro la violazione
dei diritti umani.

Nell’area della Repubblica islamica l’orda di oppressione proseguirebbe
sistematicamente anche nei confronti delle minoranze religiose che palesano
l’assenza di inclusività del regime.

Di contro gli appelli di eguaglianza di
diritti all’insegna dell’Unità nazionale del presidente Masoud Pezeshkian
“L’Iran appartiene a tutti gli iraniani”.

 Le violazioni non si fermano
l’orrore continuerebbe nella totale repressione all’interno del paese, sostenuta
dal terroristico corpo dei guardiani della rivoluzione islamica, lo
stesso che nel 2021 squalificò Pezeshkian impedendone la
candidatura alle presidenza e, che quest’anno ne avrebbe invece favorito la
vittoria.

 

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