E’ l’anno del Signore 1300. Padre Baldrico de Courtenay, abate del ricco monastero di Saint-Germain a Parigi, viene trovato morto sul sagrato di Notre-Dame: l’assassino ha lasciato sul corpo orribili mutilazioni e una scritta il cui senso è indecifrabile: Degluptordegluptus. Deglubo è un verbo raro in latino, lo cita Svetonio. Lo scorticatore è stato scorticato. A Roma, intanto, ignoti aggressori pugnalano a morte padre Angelerio da Ferentino, per impedirgli di consegnare a Bonifacio VIII una reliquia dal valore inestimabile. Mentre il vescovo di Parigi, Simone Matifort, indaga per capire chi abbia ucciso l’abate di Saint- Germain, Crescenzio Caetani, baccelliere di medicina e nipote di Bonifacio VIII, ipotizza che la reliquia sottratta a padre Angelerio sia finita a Parigi, nelle mani del re di Francia.
Barbara Frale torna in libreria con I Labirinti di Notre-Dame (Newton Compton Editori, pp. 352, € 9,90) e la sua meravigliosa penna porta in scena una galleria di personaggi e storie che sono lo specchio dell’umanità di sempre, con le sue virtù e vizi. Una topologia immensa che convoca sapienze templari e il meglio del Medioevo con i personaggi che si incontrano “per le vie traverse della vita”.
Queste pagine si leggono d’un fiato, come tutti i libri scritti dalla Frale, una storica del Medioevo che ha la bellezza di una sapienza narrativa, capace di raggiungere ogni lettore e tenerlo incatenato alla trama di un desmòs, un nodo sempre da sciogliere.
Le lacrime sono da Kronos, da Ermes viene il Logos, la collera da Ares. C’è da scoprire a chi appartiene un cuore squarciato da un pugnale ma è anche tempo di vedere il sorriso amaro di Gisquette che per curare la sorellina malata è costretta a lavare lenzuola di bordelli al fiume, in giornate d’inverno.
Tornano anche Maddalena Caetani, giovane promessa della Scuola Medica Salernitana (conosce il potere di estrarre le madragore senza attirarsi l’ira della prisca sapientia) e Arnaldo da Villanova, con le sue erbe magiche e tre Naibi che lo ossessionano da tempo. C’è l’aguardiente che s’incendia al minimo contatto con il fuoco e la dragontea che il falco non tollera. Ma soprattutto il ‘secretum’ di una straordinaria reliquia che riguarda Celestino V, insieme alle le ceneri della Fenice e all’immenso bestiario di pietra scolpito sulla facciata di Notre-Dame, tra angeliche membra e infernali lacerti. E poi urim e tummim, i sassi divinatori dei giudei e le iscrizioni di Notre-Dame, una cronaca di pietra ma anche un luogo unico, collocato al centro del mondo perché il santuario fu innalzato nel punto in cui convergono innumerevoli correnti di energia tellurica. Le sue alte pareti ne raccolgono la spinta e le convogliano verso quattro punto cardinali.
Ci sono farabutti che riempiono le fosse dell’inferno anche se sono stati abati e vescovi; Le spie e Filippo IV, il cielo per mantello, la tenebra nel cuore, la bellissima Giovanna e i destini storti dei Colonna ridotti a fuggiaschi. E ancora Simone Matifort, uno strano vescovo che ha fatto altro prima di salmodiare e fare ricerche storiche, che provava dolente simpatia per la gente di borgata, rassegnata da secoli al giusto peccato che nasce dal dolore. Una sera Maria di Brabante – chiusa nel suo castello fatto erigere “come un esorcismo di pietra” per proteggere la Francia – per tutti ‘Madame’, come se ancora fosse la regina di Francia, gli racconta una parte dei segreti del regno, in una partita a scacchi che parte dalle mosse di Dama e Cavallo e prende la piega di una sfida sottile: “Per ogni pezzo che mi prenderete, io vi racconterò un episodio di cui sono a conoscenza. Se poi vincerete voi, monsignore, le mie labbra pronunceranno apertamente il nome dell’assassino”.
Occorre trovare giustizia ma per Solone la giustizia è una ragnatale che trattiene solo gli insetti piccoli, mentre quelli grossi la sfondano impunemente. Tra le strade di Parigi, nel buio, c’è la scure di Lanius. Chi sarà? E quando colpirà ancora?
Dopo aver conosciuto la vera storia di Filippo IV, Matifort chiede al re di Francia: “Si guarisce da certi inferni, maestà?”. “Si guarisce, monsignore. Però mai del tutto”.