L’’ignoto, il mistero, svelati dal potere di una filastrocca. Come quelle recitate ancora oggi dai bambini che risalgono a esorcismi arcaici: formule magiche e incantesimi veri e propri. E del resto i saggi si guardavano bene dal pronunciare alcune parole come “morte”, “diavolo” o “strega”, perché il linguaggio aveva una forza evocativa e poteva richiamare spaventose creature sulfuree a tormentare i malcapitati.
Carlo Lapucci, insigne studioso di tradizioni popolari italiane, saggista e autore del bel volume Magia e Poesia edito da Graphe.it conduce il lettore alle radici del processo di conoscenza dell’uomo: la magia è la prima forma primigenia del pensiero umano.
Nella notte dei tempi ogni cosa era ritenuta animata, dotata di forza e di una propria volontà e in relazione con tutte le altre. Il poeta sapeva come coglierne il significato, creava ponti tra il visibile e le forze più oscure: la parola era lo strumento, la verga invisibile che piegava e forgiava destini e fortune attraverso suoni e profezie sibilline. Il poeta era vate, veggente, studiava le stelle e interpretava il linguaggio degli animali. Come Merlino o Orfeo, che ammansivano le fiere, spostavano i sassi incantavano gli animali e trascinavano le piante al suono della musica e della cetra. I maghi poeti conoscevano l’astrloogia e le proprietà terapeutiche delle piante, erano alchimisti, inventori, indovini. La magia agiva su piani diversi, oltre il tempo e lo spazio. Ma la parola dava voce ai sogni, a mondi immaginari, e tutto diveniva possibile. Dando un nome alle cose queste prendevano persino forma e vita e come Dio creo’ il cosmo con la parola: “fiat” la parola creava nuovi mondi, forgiando l’animo delle persone.
Tra le pagine del volume con in copertina “La seduzione di Merlino”. del preraffaellita Edward Burne-Jones (1833-1898), si intrecciano miti, storia e leggende e sfilano i maghi bardi e poeti maghi: Trofonio, Medea, Cassandra, Michele Scotto, Ermete Trismegisto, Salomone, Tommaso Campanella, e poi San Cipriano, Pitagora, Cagliostro, Nostradamus. Tra santi e diavoli, papi e stregoni alla ricerca della pietra filosofale e dell’elisir di eterna giovinezza prendono vita le appassionanti storie di tanti poeti del passato. Tra questi spicca la figura del grande poeta Virgilio. Alla sua nascita uno sciame di vespe si poso’ sulla sua bocca, e si narra che Castel dell’Ovo a Napoli, sia tenuto in equilibrio grazie ad un uovo nascosto nel castello proprio da Virgilio: nel caso l’uovo si rompesse anche il maniero perderebbe le invisibili forze che lo tengono in piedi, riducendosi in polvere. Mago, indovino, negromante, profeta, inventore di automi, la figura di Virgilio è quella più sconcertante di questa tipologia umana.
E ancora più singolare la scoperta che lo stesso Dante fosse mago: amico dell’ astrologo Cecco d’Ascoli (suo rivale) era iscritto all’arte dei medici e degli speziali di Firenze . Ma c’è di più: il sommo poeta fu coinvolto in un processo contro Matteo e Galeazzo Visconti per una tentata fattura nei confronti di papa Giovanni XXII. Gli atti, conservati nell’Archivio Vaticano documentano dunque che Dante Alighieri non praticasse solo la magia bianca.
Nell’epoca moderna, dove la magia fallisce prevale la scienza. In un mondo pratico e materialistico, la poesia perde la sua forza demiurgica, mantenendo solo il potere sonoro ed evocativo delle parole. Eppure in alcuni casi è presente ancora l’eco della figura del profeta: Carlo Lapucci ricorda “the Waste Land”, il celebre poemetto di Eliot, in cui tra le voci si distingue quella di Tiresia, alter ego del poeta, che tutto ha visto e tutto sa.
Oggi le parole hanno perso la dimensione magica, “sono diventate convenzione”, scrive l’autore. La magia oggi e’ passatempo per i bambini e fumo negli occhi degli ingenui che credono a superstizioni e ad antiche credenze popolari. Tradizioni e leggende che hanno valicato i confini del tempo e ancora oggi restituiscono bagliori di un mondo magico che fu.