«Luisa era incinta. Perché uccidere una donna come Luisa Ferida? Chi diede l’ordine di uccidere Osvaldo e Luisa? Guardo il tramonto di Milano e mi sembra ancora un rosso tinto di sangue. Portava in una mano una scarpetta di lana colore celeste. Il resto è una triste cronaca.
Cosa resta oggi? La sintesi è il tutto di una vita. Soprattutto quando la vita è vissuta con intensità senza risparmio alcuno persino del niente. Bisogna avere il coraggio di smettere, di fermarsi, di non insistere. Continuare ad essere e non solo ad esistere. Si entra realmente nel tempo che misura le distanze. Cercarsi nel sottosuolo è dare un senso profondo al quotidiano. Siamo contaminati dal presente e di questo bisogna farsene una ragione. Altrimenti diventeremo demoni lasciando la rupe degli uomini.
Non mi domando più nulla. Sono trascorsi anni e i destini hanno invocato silenzi. Luisa è rimasta a recitare il suo ultimo film in via Poliziano. Incompiuto? Da riscrivere? Non ha più alcuna importanza. Ci portiamo dietro maschere di secoli.
Cosa resta?
Soltanto il ricordo di una scarpetta di lana celeste stretta in una mano».
Cosi scrive Pierfranco Bruni in un capitolo del suo recente romanzo, in distribuzione in questi giorni, dal titolo: «Luisa portava in una mano una scarpetta di lana» per i tipi di Tabula Fati editore. Un romanzo tra il drammatico e il tragico nel quale si racconta l’uccisione dei due attori Luisa Ferida e Osvaldo Valenti. Attori dentro il cinema degli anni Trenta e Quaranta del Novecento, che hanno caratterizzato i moduli della cinematografia moderna.
Pierfranco Bruni va immediatamente dentro il problema e affronta non solo il gesto e l’azione che hanno portato alla morte di Luisa e Osvaldo, ma attraversa i fatti cruciali di un’Italia tagliata a metà tra il 1943 e il 1945 in un contesto fratricida, per alcuni aspetti, tutto italiano che ha visto divisioni assurde tra famiglie disperse tra partigiani e repubblicani.
Bruni sa sapientemente raccontare, con evidenze storiche, quel «sangue dei vinti» di cui ancora si discute con molta animosità. Entrano nell’incastro, oltre la Ferida e Valenti, storia, personaggi ed eventi dentro la temperie del fascismo.
Un personaggio tra tutti, oltre il Re e Mussolini, campeggia con vistosa evidenza Italo Balbo, morto nel cielo di Tobruk nel 1940, amico di Osvaldo Valenti e uomo di immenso spessore culturale e politico. Se Balbo non fosse morto tre anni prima cosa sarebbe stato del Gran Consiglio nella notte del 25 luglio del 1943? Una domanda che emerge nel romanzo di Bruni.
Perché parlo di romanzo? Perché è tale nonostante l’insistenza dei fatti e dei dati storici e storiografici. È romanzo profondo, ma è anche un diario che si incide nei ricordi del padre dell’autore. Il romanzo diviso in sette capitoli, nell’ultimo «In tragico silenzio», Pierfranco Bruni riporta delle poesie di una arcana profondità dedicate completamente a Luisa e ad Osvaldo. Un poemetto ben costruito e in ogni poesia, a mo’ di francobollo, compare il volto di Luisa.
Un libro capolavoro di estetica in un linguaggio in cui lingua è eleganza e lezione di stile. C’è il vero scrittore in questo libro. C’è un insegnamento di vita ma anche di saggezza che nasce dalla conoscenza. Il tragico delle morti di Luisa e Osvaldo è uno scavo nelle coscienze che danno una consapevolezza di meditazione. Il tutto in un rimembrare senza cadute malinconiche e nostalgiche. Anzi, si avverte il senso della storia che è senso di tempo.
Gli altri capitoli suddividono il romanzo con questi capisaldi: «Una scarpetta di lana celeste», «La storia nella tragedia», «Rimembraze», «Il dramma e limmaginario», «E fu morte», «Morirà ridendo», e il già citato «In tragico silenzio».
Dunque è tragedia. Il capitoletto 61 si chiude con queste parole: «Terribile il tremore della notte. Finiti tra scena e retroscena. Occhi sbarrati. L’abisso si chiuse in un cielo buio. (…) In una mano Luisa stringeva una scarpetta di lana per il suo bimbo che non sarebbe mai nato».
Il tragico. Una s sventagliata di mitra e poi già morti un colpo di pistola sulla testa. Un romanzo commovente. La tristezza, il dolore e l’angoscia dentro la tragedia della morte. Vennero uccisi il 30 aprile del 1945. Forse una morte annunciata. Meglio una morte già s rotta sul quotidiano «l»Avanti’ il giorno prima che annunciava già l’esecuzione avvenuta. A guerra finita. Luisa ed Osvaldo, morti ammazzati. Pierfranco Bruni racconta tutto ciò. Il volume verrà presentato in anteprima nazionale il nove settembre prossimo a Pescara.