Si erano incontrati sul set di “Un’avventura di Salvator Rosa” del 1939 per la regia di Alessandro Blasetti. Film nella storia del cinema degli anni che annunciano le innovazioni cinematografiche degli anni Quaranta.
Farà scuola nella scenografia e nei campi lunghi e corti. Una ribalta importante. Lui aveva una importante esperienza nella recitazione. Lei pronta ad apprendere e a diventare una diva. Lui era Osvaldo Valenti. Lei Luisa Ferida. Una carriera consolidata. Una carriera da formare e consolidare. Ma Luisa con questo film è già una diva.
Il cinema e la vita. Gli estremi tra la finzione e la realtà. Una tragica realtà che ha coinvolto anche la macchina da presa e alcuni protagonisti del grande schermo.
Tra questi Luisa Ferida, alla quale Pierfranco Bruni dedica il suo ultimo romanzo.
Un romanzo che si lega tra maglie storiche e letterarie al precedente. Ovvero a “Quando mio padre leggeva Carolina Invernizio” ( Tabula Fati).”L’amore nella storia che recita la tragedia. I giochi sono nell’infinito. Ben, quando i rimpianti arrivano con il sorgere dell’alba si comincia ad invecchiare. Perché? Perché i sogni si confinano nei crepuscoli degli orizzonti. Si muore. Ma si muore nella condanna della clessidra che fa scivolare i granelli di sabbia e allunga il tempo accorciando l’età” (da “Luisa portava in una mano una scarpetta di lana”, Tabula Fati edizioni). La presentazione del volume il 10 settembre prossimo a Pescara.