Raccontare Luisa Ferida in un romanzo non è semplice. Pierfranco Bruni ci riesce con un pathos che emoziona e commuove. Un libro molto coraggioso. Una storia vera caduta nell’oblio. In qell’oblio che svelato è fastidioso. Ancora oggi metterebbe in imbarazzo soprattutto durante una campagna elettorale con sfide ideologiche aperte. Una storia vera. Tragica. Con un omicidio commesso a guerra finita. Mi riferisco al recente romanzo di Pierfranco Bruni che ha dato voce a due protagonisti del cinema uccisi a guerra finita il 30 aprile del 1945. Mi riferisco a Luisa Ferida e Osvaldo Valenti. Raccontati con pathos tra biografia, ripescaggio di memoria e ricostruzioni storiche.
Ovvero a “Luisa portava in una mano una scarpetta di lana“, pp. 88, euro dieci edito da Tabula Fati, come il precedente, scritto sull’onda della stessa passione e ricostruzione “Quando mio padre leggeva Carolina Invernizio”, pubblicato dallo stesso editore ovvero Marco Solfanelli.
Abbiamo chiesto a Pierfranco Bruni, scrittore dalla profonda coerenza dialettica, di rispondere ad alcune domande.
Il libro su Luisa Ferida non è il primo con il quale avvia una rilettura della storia contemporanea attraverso i personaggi che hanno segnato il fascismo e il post fascismo. Ma il racconto di Luisa Ferida è marcatamente tragica…
“Questo mio viaggio si intreccia tra letteratura e storia. La storia entra nella letteratura. Il primo romanzo con il quale ho percorso questo itinerario è dedicato a Claretta Petacci che ha visto tre edizioni. Un percorso continuato con un’altra attrice ma di diverso tenero è quello su Eleonora Duse e successivamente il dramma di Mata Hari. Luisa Ferida è il personaggio, credo, più tragico che mi ha coinvolto profondamente anche perché nasce da un libro precedentemente che ha dedicato a mio padre ma anche ad un’altra figura femminile: Carolina Invernizio. Certo, Luisa Ferida va oltre perché diventa un libro che si centralizza su una vicenda raccontata con menzogna e oblio”.
C’è differenza tra Claretta Petacci e Luisa Ferida?
“Sono due storie di orrore. Tutta a guerra conclusa. Il massacro di Piazzale Loreto è a guerra finita. Come l’uccisione della Ferida e Valenti. Danno sensazioni di una orrenda crudeltà. Anche se Claretta e Luisa sono due donne diverse la tragedia è unica”.
Lei usa il metodo letterario per raccontare una storia, non avrebbe potuto entrare direttamente nella storia?
“Entro nella storia con la letteratura, o meglio usando il metodo del raccontare più che descrivere o lasciare sulla pagina il documento. Ma il fatto storico mi è servito per dare una base al racconto”.
Luisa Ferida è nel libro una icona della bellezza e dell’amore…
“Non solo. Bellezza, giovinezza e tragedia, ma ciò che mi interessa anche è la finzione sulla quale si è tentata di seppellire la verità. Ma la verità ritorna sempre anche alcuni ambienti sono restii ancora ad affrontare la questione. Il mio libro entra nel cuore del problema”.
C’è da sottolineare che questo romanzo di Pierfranco Bruni va oltre Luisa Ferida e Osvaldo Valenti. Tocca gli anni del fascismo nella complessità delle problematiche compresa la questione Italo Balbo.