Roma, 3 febbraio 2023 – Il tragico e la bellezza o del dialogo fra Bruni e la letteratura della plurinfelice Russia.
Il tragico e la bellezza. In dialogo con la letteratura russa è il nuovo saggio di Pierfranco Bruni, pubblicato da Edizioni Solfanelli nella collana Athenaeum.
L’editing del testo, l’articolazione dei capitoli e la prefazione sono curate da Rosaria Scialpi, la trascrizione di alcune conferenze che compongono il testo è di Stefania Romito.
Questo saggio, ulteriore prova della capacità di Bruni di destreggiarsi nel confronto e nell’assimilazione delle letterature internazionali, assume un andamento narrativo e ripercorre la storia della letteratura russa trascendendo dal più tradizionale asse diacronico per inserirsi invece nel solco dell’esperienza del lettore e dello scrittore.
Un viaggio, dunque, che assume forma circolare, in cui vita e letteratura si fondono, <<Letteratura con la vita. Vita nella letteratura. Letteratura nella vita>>.
Un viaggio nella letteratura russa che si snoda attraverso 152 pagine e che analizza il suo realismo nell’inquieto esistere, quell’inquietudine che travolge tra la storia e la contemplazione, la Russia della felicità plurinfelice da Evtushenko a Tolstoj, tra la luce e la tragica notte.
Il tragico e la bellezza è un dialogo in cui Bruni si pone in ascolto degli scrittori russi, fa tesoro delle loro parole e restituisce il suo pensiero, fondatosi con e attraverso essi.
L’incontrarsi dello scrittore con quella letteratura che costituisce in parte lo scheletro del suo pensiero letterario, della sua poetica, fa scaturire considerazioni comparatistiche e filosofiche in un luogo dell’atto che è tutto interiore.
Pertanto, questo libro è uno scavare nel profondo, con tutte le conseguenze che ciò comporta, fra le intercapedini dell’uomo-lettore e dell’uomo scrittore, mentre Bruni si domanda – e sembra chiedere al lettore – quanta vita ci sia nell’arte e quanto questa riesca a trapassare le pagine transumanandosi, incarnandosi in vita.
Una mosaicizzazione che trova in Dostoevskij, di cui Bruni ha già parlato in “Il sottosuolo dei demoni ” (Solfanelli, 2021), il suo punto di partenza e il suo acme, senza però tralasciare la storia che si intreccia con gli scritti e gli scrittori russi, dall’impero zarista ai gulag fino alla società post-sovietica, richiamando il lettore a leggere attraverso un imprescindibile approccio interdisciplinare, calando così lo scrittore nel proprio tempo e prescindendo da logiche opportunistiche e destoricizzanti.
Ma, se Dostoevskij è partenza e approdo, con quali altri scrittori e con quali altre scrittrici dialoga l’autore?
Ebbene, la selezione dei letterati, da Rozanov a Dostoevskij, da Turgenev ad Achmatova, restituisce un chiaro e vivido affresco non solo delle personali influenze di Bruni, ma del rapporto che intercorre proprio fra i vari scrittori analizzati, fra loro e la letteratura mondiale (si veda, ad esempio, la relazione dei russi Mandel’štam, Gogol, Cechov, Tolstoj, Dostoevskij con l’italiano Dante Alighieri, o quella fra lo Zarathustra nietzschiano e Razonov), fra orienti mediterranei e orienti slavi, fra poesia e prosa, a loro volta osservate attraverso la loro collocazione spaziale, oltre che esperienziale, fra realtà interne e quelle marittime del mondo russo. Proprio tal proposito nel libro si legge:
<<La poesia russa ha come punto di riferimento la terra. C’è questa diversità anche nella parola che insiste tra acqua e terra. Il vivere la parola all’interno dell’acqua. Il vivere la parola all’interno della terra. Non è un gioco dell’inverosimile ma piuttosto uno scavare in un luogo che diventa metaforizzabile e metaforizzato all’interno del contesto linguistico letterario sentimentale>>).
Quello di Bruni è allora non solo un tragitto intrapreso verso un’ulteriore conoscenza di sé mediante il confronto con gli scrittori che hanno condizionato e ancora condizionano il suo ‘io’ e la sua scrittura, ma anche fra quegli stessi scrittori, fra le culture che si incontrano e dialogano, fra verità personali del <<vivere senza menzogna>>, verità dell’inaccessibile sottosuolo dostoevskiano e verità metafisiche a cui è difficile, se non impossibile, dare risposta definitiva.
Al di là di ogni granitica certezza dai contorni immutabili, c’è l’imperscrutabile umano e trascendente a cui si può accedere solo domandando e misurandosi, tenendo a mente la lezione di J. Donne <<Mi sminuisce la morte di qualsiasi essere umano / io sono parte dell’umanità>>, a sua volta calco della celebre frase di Publio Terenzio Afro <<Homo sum, humani nihil alieni a me puto>>.
Traduzione: Sono uomo, nulla di ciò che è umano avverto a me estraneo.