Falcone e Vespaziani, a Roma il libro di Amalia Mancini

"Falcone e Vespaziani. Un’alleanza per la verità. La straordinaria collaborazione tra il Magistrato e l’Avvocato”.Un profondo sodalizio di anime nel contrasto al fenomeno mafioso

Francesca Maccaglia

ROMA, 6 dic. 2024 –  Il Villino Lola De Hernandez a Roma, ospite della presentazione: “Falcone e Vespaziani. Un’alleanza per la verità. La straordinaria collaborazione tra il Magistrato e l’Avvocato”, il libro della scrittrice e giornalista Amalia Mancini. Nel quale è delineato il rapporto tra Vespaziani e Falcone, instaurato oltre la collaborazione, all’insegna della stima e affinità elettiva. Il testo rende inoltre pubblica una corrispondenza epistolare tra il magistrato e l’avvocato.

Incontro con l’autrice, curato da Emanuele Muto, Alessandra Ciambella, Karol Soprano e Stefano Paolini.

Intervenuto Roberto Sciarrone, giornalista e responsabile ufficio stampa di UnitelmaSapienza.

“Io sono di Messina, nel 1992 avevo 11 anni. Per me esiste la Sicilia preFalcone e la Sicilia post Falcone e Borsellino”. Così in premessa Roberto Sciarrone. “Tutti noi siciliani diciamo la stessa cosa, perché chi è nato in Sicilia in quegli anni o ha vissuto quegli anni, sa benissimo cosa è la Sicilia pre e la Sicilia post Giovanni Falcone. Prima che terminassero la loro vita, la loro grande attività, la Sicilia era un luogo ricco di contrasti molto evidenti, molto di più di quello che possiate immaginare. Si sentiva quella atmosfera molto complessa, difficile da digerire, e anche io, da bambino, notavo certi atteggiamenti, certi modi di fare nella società….chi vive quella terra si rende conto di tutta una serie di cose … Qualche anno prima anche Peppino Impastato aveva pagato con la vita…. il sogno di Radio Aut, che da Cinisi, provava a sbaragliare lo status quo della mafia di Palermo… la morte di Falcone e Borsellino restituisce ai giovani una certa consapevolezza, aprendo una breccia…nascono idee…ma non basta la Sicilia rimane al centro di controverse dinamiche difficili da eliminare. Cosi come Amalia Mancini spiega nel suo libro, raccontando Giovanni Vespaziani. La vita professionale e sociale trascorsa in parte insieme a Giovanni Falcone nella lotta contro Cosa Nostra. Un libro di grande attualità da leggere per una maggiore consapevolezza del fenomeno mafioso.

Amalia Mancini autrice e nipote dell’avvocato Vespaziani, illustrando il libro

” Il volume racchiude la storia della collaborazione tra l’avvocato Giovanni Vespaziani e il magistrato Giovanni Falcone. Prima di essere una storia è un viaggio nei valori imprenscindibili del coraggio, della ricerca della verità, valori che Falcone e anche Borsellino ci hanno trasmesso e che il libro tenta di trasmettere. Giovanni Vespaziani, novantaquattro anni a maggio 2025, nato in un piccolo borgo della Provincia di Rieti, a Castel di Tora immerso nel meraviglioso lago del Turano, in una famiglia numerosa e povera di contadini, quintogenito di otto figli, vuole studiare e ce la mette tutta. Si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza, si laurea con il massimo dei voti. Consegue l’abilitazione di avvocato per esame e non per anzianità. Nel 1978 con sua moglie avvocato, Elena Fiordeponti, apre uno studio legale associato che si occupa prevalentemente della confisca e del sequestro dei beni di indiziati o condannati per associazione mafiosa. Vespaziani è stato anche sindaco illuminato del suo borgo natio di Castel di Tora, per 26 anni e dal 2005 è Sindaco emerito. Amico fraterno di don Pierino Gelmini fondatore di 250 comunità incontro in tutto il mondo, con sede madre ad Amelia. A Castel di Tora, Vespaziani ha costituito una comunità per ragazzi tossicodipendenti; ed è co-fondatore dell’Associazione I borghi più belli d’Italia”

Di grande interesse il racconto di Amalia Mancini sulla telefonata ricevuta dall’avvocato Vespaziani in una calda giornata estiva del 1988, una telefonata che mai avrebbe potuto immaginare di ricevere, da parte del magistrato Giovanni Falcone, impegnato nella lotta a Palermo contro la mafia, contro Cosa Nostra in Sicilia. Una richiesta di accoglimento dell’incarico per la difesa di un pentito di mafia nei vari interrogatori che si svolgevano nei tribunali d’Italia, da Milano a Palermo, ma perlopiù presso il Carcere di Santa Scolastica di Rieti, dove il pentito era rinchiuso dopo un arresto. Sarà soltanto alla fine della telefonata la rivelazione del nome.  Antonino Calderone. Questi interrogatori si svolgevano alla presenza dello stesso giudice Giovanni Falcone e talvolta anche di Paolo Borsellino. Calderone, conosce i particolari di moltissime vicende,ed entra in scena nella seconda fase del dibattimento giudiziario con Tommaso Buscetta collaboratore di giustizia. Ricche e dettagliate appariranno le informazioni riferite da Antonino Calderone contro i boss di Cosa Nostra e lo stesso Tommaso Buscetta. Informazioni al centro di deposizioni racchiuse in 867 pagine.

Calderone induce all’arresto di circa trecento capi mafia, e traccia la definizione dell’uomo d’onore. Sottolinea Amalia Mancini.

“L’uomo d’onore non ha nulla a che vedere con il mafioso, un uomo d’onore fa parte dell’élite della criminalità, ossia Cosa Nostra” “Siamo criminali e siamo i peggiori criminali, non abbiamo nulla a che vedere con il delinquente comune, un rozzo, che è qualcuno senza arte né parte”. Calderone collaborando fornisce particolari di una atrocità inaudita sulla fine macabra delle vittime. Descrive nei dettagli il modo in cui venivano annegate, strangolate, gettate in un pozzo, sciolte nell’acido, e, una volta uccise, impastate nel cemento per finire poi nei piloni delle strade e delle autostrade; svela i loschi legami tra le istituzioni dello Stato e Cosa Nostra e fa i nomi, affermando: “Cosa Nostra è un ragno che tesse le proprie ragnatele soprattutto negli ambienti più prestigiosi della società, la politica in primis, perché ha bisogno di attingere, ha bisogno di ricevere favori e di restituire favori”. Tra i nomi emergono carabinieri, poliziotti, politici, personaggi di spicco, magistrati. Quindi capite bene l’importanza di Calderone che apre un mondo, dice la verità tutta la verità possibile su Cosa Nostra e sugli uomini d’onore”.

Le mafie e l’illegalità sono diffuse in tutto il mondo in forme diverse, e per questo sono difficili da combattere, ma non sono incontrastabili. Molte persone hanno sacrificato la loro vita per combattere e per vincere questo “cancro” che calpesta i diritti dei cittadini, che nella vita di ogni giorno spaventa e uccide persone innocenti. Dobbiamo tenere ben presenti gli esempi offerti da Giovanni Falcone, da Paolo Borsellino, così come dal Beato Padre Pino Puglisi, sacerdote dedito in special modo alla pastorale giovanile, primo martire della Chiesa cattolica ad essere stato ucciso dalla mafia. E’ molto importante ricordare uomini e donne, vittime della mafia. Per questo motivo sono state istituite due Giornate: il 23 maggio, la Giornata della Legalità, in ricordo delle vittime della mafia e, il 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell’Impegno, in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa dall’Associazione Libera. L’evento si svolge ogni anno in una città diversa e in questa occasione, si leggono i nomi e i cognomi delle vittime innocenti delle mafie, per continuare a farli vivere e non dimenticarli mai.

A Natale – ha precisato ancora l’autrice – i familiari di Falcone riceveranno questo libro e mi auguro poter avere l’opportunità di interagire con loro.

Nel corso della presentazione sono state trasmesse le immagini del film “I Cento Passi” sulla storia di Peppino Impastato.

 A chiudere l’incontro un interessante talk con i partecipanti.

Dx Amalia Mancini e Francesca Maccaglia
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