La coalizione è pronta. L’Arabia Saudita si farà carico di organizzare l’intervento militare nello Yemen alla guida di ben dieci paesi musulmani, il leader dei ribelli sciiti Houthi che da settembre controllano la capitale Sanaa, dichiara: “Sarà guerra”.
Nella giornata di ieri aerei da guerra sauditi hanno bombardato l’aeroporto di Sanaa e subito dopo la mezzanotte l’Arabia Saudita ha lanciato un intervento armato nel paese, alla testa della coalizione, contro i ribelli sciiti Houthi che, negli ultimi mesi, hanno preso anche la città di Aden. La città portuale, a sud della capitale, ospita da settimane il presidente yemenita Abd-Rabbu Mansour Hadi che, affermano fonti ancora da confermare, potrebbe già aver lasciato lo stato. Intanto le forze leali al presidente Hadi avrebbero ripreso il controllo dell’aeroporto di Aden.
L’attacco è stato duramente criticato dall’Iran che ha intimato l’Arabia Saudita di fermare al più presto l’intervento armato e i bombardamenti, anche l’agenzia di stampa ufficiale siriana è stata dura: “Caccia dei Paesi del Golfo guidati dal regime della famiglia saudita hanno lanciato una sfacciata aggressione contro lo Yemen”. Dal canto loro l’Arabia e gli altri paesi del Golfo sostengono i gruppi ribelli che da oltre quattro anni lottano contro il regime siriano.
Una guerra regionale dunque che vede Riyadh mettere in campo circa un centinaio di aerei da caccia e 150mila soldati, unità navali e altri mezzi generando un clima di guerra che ha portato a chiudere sette aeroporti nel sud del paese. Conseguenze? Un immediato aumento del prezzo del petrolio, il Brent (greggio del Mare del Nord) è cresciuto dello 0,7%, mentre il West Texasi Intermediate (statunitense) ha guadagnato l’1%.
Obama ha autorizzato la fornitura di aiuti logistici e di informazioni di intelligence a sostegno dell’intervento armato da parte saudita, mentre uno dei leader Houthi ha denunciato l’operazione tramite al Jazeera.
La coalizione conta cinque delle sei petromonarchie – tutte sunnite – appartenenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo Persico, solo l’Oman ha deciso di non partecipare, mentre Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrein e Quatar appoggeranno l’Arabia Saudita, gli altri sono il Marocco, l’Egitto, la Giordania, il Sudan e il Pakistan (solo per operazioni terrestri). Un altro fronte “caldo” che rischia di coinvolgere tutta una regione di per sé già turbolenta.