Roma – Il 9 maggio ricorre l’anniversario del suo assassinio, sono passati 37 anni, e farne memoria dovrebbe essere occasione di riflessione utile per tutti. L’atteggiamento di Moro sempre coerente e così legato da un solido filo di servizio al Paese. Dalla Costituente e poi nella travagliata uscita dal centrismo negli anni ’50; la complessa preparazione e realizzazione del centro sinistra con Pietro Nenni, fino all’ancora più complessa e difficile strategia della solidarietà nazionale con il Pci di Enrico Berlinguer. Fu questa la causa della sua morte dopo la crudele prigionia dei 55 giorni, preceduta il 16 marzo in via Fani dalla strage dei cinque uomini della scorta.
Acuto politico e statista, Moro anticipava i grandi problemi interni ed internazionali , nato in Puglia comprendeva a fondo il ruolo del Mediterraneo e la necessità della distensione e del dialogo, strada obbligata anche per il Medio Oriente, specie per la tensione e il conflitto israelo-palestinese. Fu protagonista dell’accordo di Helsinki e il crollo del muro di Berlino non era immaginabile.
Moro coglieva in anticipo i moti profondi della storia , ascoltando soprattutto i giovani e i loro movimenti , anche quando le idee erano confuse , aspiravano alla rivoluzione, rappresentando comunque ansia di rinnovamento e di cambiamenti profondi. Spettava alla politica cercare le risposte e favorire in ogni modo l’impegno e la partecipazione dei giovani alla politica.
Per Moro la politica è sforzo costante di intelligenza e di comprensione dei problemi per giungere alla loro soluzione , possibile persuadendo e ricercando sempre il consenso. Anche per questo non riusciva ad appassionarsi al grande dibattito sulle riforme istituzionali. Prima viene la politica e le alleanze, specie in un Paese come l’Italia di guelfi e ghibellini con una lunga storia culturale e politica alle spalle. Ciò esige la ricerca di consensi e alleanze in funzione dell’interesse generale e del bene comune della nazione.
L’assassinio di Moro interruppe questo modo di concepire e di fare politica che aggravò la crisi. Finì presto la solidarietà nazionale, la Democrazia Cristiana tornò sulla vecchia linea dell’anticomunismo, spinta dallo stesso Craxi che si riprometteva di diventare l’uomo chiave del paese. Anche Berlinguer si trovò in difficoltà e arretrò verso l’antica proposta dell’unità a sinistra e del governo più avanzato. Il balzo in avanti proposto da Moro finiva nel dimenticatoio e comunque contraddetto nei fatti. L’obbiettivo di chi aveva fatto rapire Moro e deciso la sua barbara uccisione era stato raggiunto e soprattutto i servizi segreti di Stai Uniti e Unione Sovietica potevano dichiararsi soddisfatti.
(da www.aje.it)